mercoledì 18 giugno 2008

'Ndrangheta, 33 fermi a Reggio Calabria



Ricostruita dagli inquirenti la spartizione di importanti opere pubbliche

REGGIO CALABRIA - Nella notte oltre duecento uomini dell’arma dei carabinieri hanno eseguito 33 provvedimenti di fermo su ordine della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria. Le cosche della 'ndrangheta avevano infatti costituito un vero e proprio «cartello» per regolare, anche grazie alla collusione di alcuni personaggi politici ed esponenti delle istituzioni, la spartizione della gestione o comunque il controllo delle attività imprenditoriali relative all'esecuzione di importanti opere pubbliche: dalla «variante di Palazzi», compresa nel programma delle «grandi opere», alla costruzione di un plesso scolastico (l'Istituto Superiore comprensivo «Euclide» di Bova), appaltata dalla Provincia di Reggio Calabria ed andata subaffidata alla ditta collegata al boss Giuseppe Morabito (conosciuto come «Tiradritto») a seguito di accordi che le forze dell'ordine ritengono siano stati presi in un summit tenutosi tra i più autorevoli rappresentanti delle cosche della 'ndrangheta dell'area jonica.

IL CARTELLO - Ulteriore elemento scoperto dai carabinieri è dunque il nuovo assetto delle consorterie criminali che hanno trovato un vero e proprio accordo per la spartizione dei proventi degli appalti pubblici, al punto da creare nuovi organismi direttivi a tutti gli effetti con le rappresentanze delle famiglie mafiose. Significativa l'assenza di danneggiamenti o atti intimidatori nell'area controllata dalle famiglie in totale accordo. Secondo gli inquirenti, infatti, gli episodi intimidatori avvengono nelle zone dove le consorterie sono in contrasto tra loro.

LE INDAGINI - Secondo quanto emerso dalle indagini dei carabinieri, il modus operandi delle cosche si è evoluto nella conduzione di vere e proprie imprese che hanno una parvenza di liceità attraverso le quali ottenere l'assegnazione di alcune funzioni tra le più redditizie, quali ad esempio la fornitura del calcestruzzo preconfezionato. Le cosche operano poi al fine di estromettere completamente soggetti appaltatori estranei mediante l'imposizione di subappalti oppure noli, costringendoli a sottoscrivere lucrosi contratti di fornitura per il movimento terra, approvvigionamento e trasporto di inerti. La qualità dell'opera non risulta mai come richiesto dai progetti ma sempre molto inferiore, al punto da minarne la stabilità nel tempo. Per massimizzare il profitto e contenere i costi, infatti, è pratica comune emettere fatture molto più alte rispetto al reale valore dei materiali utilizzati per realizzare l'opera. Infine, un altro aspetto che i carabinieri nelle indagini hanno accertato è che la gestione della manodopera viene utilizzata per creare una sorta di «consenso ambientale» e serve a mantenere un utile serbatoio di capitale umano che può servire ad ogni livello nel tessuto sociale, imprenditoriale, politico ed amministrativo.

POLITICI - Sono decine i politici, che non necessariamente sono indagati, che compaiono nel provvedimento notificato alle 33 persone fermate con l'accusa di fare parte di cosche della 'ndrangheta della fascia ionica reggina. I nomi si trovano nella parte del provvedimento - quasi 700 pagine - in cui i magistrati parlano dei rapporti tra uno dei fermati, il consigliere comunale di Bova Marina Sebastiano Altomonte, e l'ex consigliere regionale Mimmo Crea, attualmente detenuto nell'ambito di un'inchiesta sui rapporti tra mafia e politica nel settore della sanità, dimessosi dopo l'arresto. Altomonte, considerato dagli investigatori legato alla cosca Vadalà di Bova Marina, in colloqui con altri indagati o anche con persone estranee all'inchiesta intercettati dai carabinieri, parla dei suoi rapporti con alcuni politici per alcuni dei quali mostra scarsa considerazione o li considera negativamente. Parlando poi di una consultazione per il rinnovo del consiglio comunale di Bova Marina, Altomonte afferma che i Vadalà sono scesi direttamente in campo perchè »vogliono prendere tutto il dominio politico così come hanno fatto a Melito«. Il consigliere comunale fermato, che in alcuni colloqui si vanta di capire di politica e di avere un sacco di voti, parla anche degli appoggi dati alle elezioni regionali del 2005 e dei contrasti sorti con alcuni politici sui nomi da sostenere. Silenzio assoluto da parte degli investigatori, invece, sulle voci che da stamattina circolano in vari ambienti politici e giudiziari su inviti a comparire emessi nei confronti di alcuni politici a livello sia regionale che nazionale.


17 giugno 2008 - tratto da corriere.it

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