mercoledì 23 luglio 2008

IO SONO STUFO!!!

ANGELO CUSTODE

Lodo Alfano, Napolitano promulga la legge

Il Lodo Alfano è legge: il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha ritenuto di procedere alla promulgazione della legge dopo che l'aula del Senato l'aveva approvata con 171 voti a favore, 128 no e 6 astenuti: Garantita l'immunità alle quattro alte cariche dello Stato, presidente della Repubblica, dei presidenti delle due Camere e presidente del Consiglio, fino alla fine dell'incarico. Il ministro della Giustizia Angelino Alfano l'aveva presentato come un ddl «né molto urgente né poco urgente, é semplicemente giusto». Ma l'urgenza c'è stata.

Il Lodo è arrivato infatti al Senato, e più in generale all´attenzione del Paese, con una rapidità che in campagna elettorale si diceva sarebbe stata dedicata ad altri temi. Venticinque giorni: tanti ne sono bastati al Parlamento per far diventare legge il provvedimento. L'approvazione è arrivata in un tempo decisamente breve rispetto alla media parlamentare. Varato dal Consiglio dei ministri il 27 giugno. La presentazione del disegno di legge è stata autorizzata dal capo dello Stato il 2 luglio. L'esame in commissione è iniziato alla Camera l'8 luglio per concludersi nella stessa giornata. Il giorno seguente, 9 luglio, il testo è stato posto all'ordine del giorno dei lavori dell'aula, che lo ha approvato 24 ore dopo. Le opposizioni hanno contestato la presidenza per aver anticipato l'esame del testo, malgrado in conferenza dei Capigruppo non si fosse raggiunta l'unanimità; ma Gianfranco Fini ha assicurato di aver rispettato tanto il regolamento quanto la prassi. Immediato il passaggio in Senato: a Palazzo Madama, il testo del lodo Alfano è stato esaminato in due giorni dalla commissione, dal 15 al 17 luglio.

Insomma, una velocità impressionante, considerata la materia: per questo il vicepresidente del Cdm Nicola Mancino ha voluto ricordare che «non sarebbe fuor d'opera rafforzarlo con una legge costituzionale». Già nelle settimane scorse Mancino aveva sottolineato la delicatezza dell´argomento, che avrebbe dovuto seguire un iter legislativo meno rapido. Ora chiede a chiare lettere che si ripari al danno.

Martedì in Aula, in meno di mezz´ora, la maggioranza ha respinto tutti e 58 gli emendamenti presentati dall´opposizione. E ha chiesto il dialogo, per lavorare a «un confronto in autunno sulla riforma della giustizia». Ma la capogruppo del Pd al Senato Anna Finocchiaro dice chiaramente che sembra che «l'intenzione della maggioranza sia di costruire un sovrano senza limiti e francamente non mi convince». Per questo, ribadisce, «è ben difficile che si possa trovare un filo comune di ragionamento».

La capogruppo del Pd nel dichiarare il «convinto no» del suo gruppo sottolinea il superamento di un limite da parte di chi beneficia dell' immunità che riguarda il fatto, in base alla Costituzione, che tutti i cittadini sono eguali davanti alla legge. «Si tratta una novità. Fino a questo momento il nostro ordinamento ha regolato ipotesi di immunità e prerogative solo per fatti commessi nell'esercizio della funzione» osserva Anna Finocchiaro che sottolinea come «ciò che è tutelata è la funzione e gli atti ad essi correlati, i cosiddetti atti funzionali, e che per il resto ogni potere, tutti i poteri, a cominciare da quelli del Presidente della Repubblica, incontrano un limite». «Il limite - precisa la capogruppo del Pd - è quello che per i fatti estranei all'esercizio di quelle funzioni vige il principio di uguaglianza: tutti uguali di fronte alla legge. Oggi voi introducete una rottura del limitei».

Finocchiaro si chiede il «perché dell' ipocrisia di estendere il supermento del limite alle altre cariche delloStato». «Il Presidente del Consiglio, voi dite è sostanzialmente eletto dal popolo sovrano. Dissento, e vigorosamente, ma registro. Ma i Presidenti delle Camere? Sono eletti da maggioranze parlamentari. E così il Presidente della Repubblica. Qui il popolo non c'entra. Il popolo, lo dice la Costituzione, deve esercitare la sovranità nelle 'forme e nei limiti della Costituzione'. Invece al Presidente Berlusconi non si pone limite. E da ora in poi a nessun Presidente del Consiglio. Per qualunque reato. Anche il più brutale. Anche il più infamante».

Prima del dibattito in aula si è scagliato contro «una furia legislativa cieca, quasi iconoclasta, per approvare qualsiasi norma che possa non arrecare noia al premier, anzi al princeps» anche il senatore Pd, Felice Casson. Casson ci tiene a chiamare il Lodo con il suo nome: non Alfano, dunque, ma Berlusconi, perché «è stato lo stesso premier a dire nella lettera inviata al presidente del Senato che aveva bisogno di questo scudo protettivo ritenendolo indispensabile contro quelli che lui ha definito attacchi della magistratura».

Voto contrario anche dall'Idv: «Un ennesimo salvacondotto per la casta il provvedimento Alfano è un insulto ai cittadini e all'ordinamento democratico. Rientra nel piano della P2», ha dichiarato Felice Belisario, presidente dei senatori dell'Italia dei Valori, prima del voto. E a proposito della riforma della giustizia il senatore aggiunge: «Poi si metterà sotto i tacchi la giustizia, si cercherà di imbavagliare l'informazione e si reintrodurrà l'immunità parlamentare. Mentre le nostre famiglie hanno redditi che non permettono di arrivare a fine mese e le pensioni continuano a perdere potere d'acquisto, la maggioranza pensa alla giustizia: non a quella per la tutela dei cittadini - conclude Belisario - ma al solito salvacondotto per la casta». Mentre l'Udc ha scelto l'astensione.

Dalla maggioranza invece la difesa del Lodo: «E' uno strumento che blocca l'uso politico della giustizia» ha detto in dichiarazione di voto il capogruppo del Pdl, Maurizio Gasparri, il quale ha ricordato che «Silvio Berlusconi ha dovuto aspettare undici anni per essere assolto dopo l'avviso di garanzia recapitatogli a Napoli e dodici anni per essere assolto dalle infondate accuse sul caso Sme». Gasparri ha citato poi interventi di costituzionalisti che non ravvisano nessuna violazione costituzionale. «Non vogliamo una impunità parlamentare nè immunità generalizzate ma evitare l'uso politico della giustizia. Il Lodo ha tenuto conto di tutti i rilievi della Corte Costituzionale e non sottrae nessuno al dominio della legge». Ma evidentemente il premier e le altre più alte cariche dello Stato non sono 'nessuno'.

tratto da unita.it

lunedì 21 luglio 2008

FANCULO ITALIA...MAGARI POTESSI DIVENTARE PRESIDENTE DEGLI STATI UNITI!!!



I HOPE...

E'inutile cercare di affogare i dispiaceri nell'alcool...PERCHE' RICORDIAMO CHE DI DISPIACERI CE NE SONO...ECCOME SE CE NE SONO!!!



PDCI: DILIBERTO, LAMBRUSCO OTTIMO VINO MA CANNONAU E' MEGLIO

Salsomaggiore Terme, 20 lug. (Adnkronos) - 'Marcia indietro' del segretario del Pdci sul Lambrusco. Ieri infatti Diliberto aveva commentato la 'rivolta dei delegati che chiedevano di poter bere il Lambrusco affermando in modo scherzoso che quel vino "fa schifo".

venerdì 18 luglio 2008

IN ITALIA I CONTI SI PAGANO...




...Le inchieste avviate da Chinnici e portate avanti dalle brillanti indagini di Falcone e di tutto il pool portarono così ad istruire il primo grande processo contro la mafia.

Questa reagì bruciando il terreno attorno ai giudici: dopo l'omicidio di Giuseppe Montana e Ninni Cassarà nell'estate 1985, stretti collaboratori di Falcone e Borsellino, si cominciò a temere per l'incolumità anche dei due magistrati, che furono indotti per motivi di sicurezza a soggiornare qualche tempo con le famiglie presso il carcere dell'Asinara (incredibilmente dovettero pagarsi le spese di soggiorno e consumo bevande), dove gettarono le basi dell'istruttoria.

Sotto la scure della minaccia mafiosa, i magistrati lavorano con encomiabile dedizione, spesso senza sosta, tributando forti ed inevitabili restrizioni alle proprie vite personali...

...Il 19 luglio 1992, dopo aver pranzato a Villagrazia con la moglie Agnese e i figli Manfredi e Lucia, Paolo Borsellino si reca insieme alla sua scorta in via D'Amelio, dove vive sua madre.

Una Fiat 126 parcheggiata nei pressi dell'abitazione della madre con circa 100 kg di tritolo a bordo esplode, uccidendo oltre a Paolo Borsellino anche i cinque agenti di scorta Emanuela Loi (prima donna della Polizia di Stato caduta in servizio), Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. L'unico sopravvissuto è Antonino Vullo. Pochi giorni prima di essere ucciso, durante un incontro organizzato dalla rivista MicroMega, Borsellino parlò della sua condizione di "condannato a morte". Sapeva di essere nel mirino di Cosa Nostra e sapeva che difficilmente la mafia si lascia scappare le sue vittime designate...

tratto da wikipedia.it

domenica 13 luglio 2008

Polizia e caserme, non c'è un euro



ROMA - Lampadine fulminate, telecamere spente, tubi dell'acqua che perdono. Quest'estate, caserme dei carabinieri, questure e commissariati rimarranno a secco: senza un euro in cassa. Gli "accreditamenti per le manutenzioni ordinarie" sono infatti sospesi da una circolare interna del Viminale, datata 13 giugno 2008.

"E così - lamentano i sindacati - nessuno verrà a cambiare i toner delle stampanti, né a pulire i filtri dei condizionatori". Non è tutto. Mancano i soldi per gli agenti sui treni a lunga percorrenza: da 8 mesi sono in attesa delle indennità. Dimezzati poi i fondi per la squadra nautica di Porto Empedocle: le motovedette impegnate sul fronte caldo dell'immigrazione clandestina rischiano di rimanere in porto.

Eppure della sicurezza il centrodestra ha sempre fatto la sua bandiera. Nel programma elettorale del Pdl si legge, al punto 3: "Aumento progressivo delle risorse per la sicurezza e maggiore presenza sul territorio delle forze dell'ordine". Finora, però, le cose stanno andando diversamente. A prescindere dai tagli annunciati nella manovra finanziaria (3 miliardi di euro in tre anni, secondo i sindacati di categoria), i conti in rosso delle forze dell'ordine già fanno sentire i loro effetti. Il 13 giugno scorso, Giovanna Iurato, direttore centrale dei "Servizi tecnico-logistici e della gestione patrimoniale" del ministero dell'Interno, ha firmato una circolare a tutte le prefetture, questure e al comando generale dei carabinieri: "Gli accreditamenti predisposti da questo ufficio per le manutenzioni ordinarie degli immobili demaniali e privati adibiti a sedi delle caserme dei carabinieri e della polizia di Stato - si legge sulla circolare - sono stati sospesi, poiché l'ufficio centrale di Bilancio ha comunicato che sono in corso di istituzione i nuovi capitoli di spesa. Nonostante la consapevolezza del disagio provocato dal ritardo delle aperture di credito - prosegue la Iurato - al momento risulta impossibile provvedere all'emissione degli accreditamenti. Si prega pertanto di sospendere gli affidamenti dei lavori e delle manutenzioni".

Tradotto: per cambiare una lampadina, un toner o aggiustare un bagno, commissariati e caserme dovranno aspettare tempi migliori. "Questa circolare cade in un momento difficile - spiega Giorgio Innocenzi, segretario nazionale del sindacato di polizia Consap - da tutta Italia infatti ci arrivano segnalazioni di sedi inagibili, telecamere guaste, tubi rotti". Non solo. Il Consap denuncia il mancato pagamento delle indennità agli agenti impegnati nella vigilanza sui treni a lunga percorrenza: "Da quando è nato il servizio, otto mesi fa - racconta Innocenzi - agli agenti non è stata mai corrisposta l'indennità speciale (pari a 100 euro a viaggio), che è a carico delle Fs, in base ad apposita convenzione col Viminale".

Non è tutto. La squadra nautica di Porto Empedocle (Agrigento), impegnata nel contrasto all'immigrazione clandestina, nel 2007 ha ricevuto 18mila euro e nel 2008 solo 9mila per la manutenzione delle motovedette e il carburante (basta pensare che ogni rifornimento per le barche di altura "Squalo" costa circa 2mila euro e dura in media 6 giorni). "Tutte le squadre nautiche - spiega Claudio Giardullo del Silp Cgil - hanno lo stesso problema: dallo stanziamento dell'anno 2007 pari a 1.200.000 euro, si è passati a soli 400mila euro per il 2008".

Non mancano, infine, effetti collaterali imprevisti dei conti in rosso. In Sardegna, nel centro d'accoglienza di Elmas, aperto all'interno del distaccamento aeroportuale, sempre di più sono gli immigrati richiedenti asilo politico. Questi, per legge, hanno diritto a uscire dal centro dalle ore 8 alle 20. Peccato però che vista la natura militare del sito, non possono muoversi liberamente. "Per questo - racconta Giardullo - la questura aveva previsto un servizio navetta. Servizio, però, mai partito per mancanza di fondi e personale. Così i rifugiati rimangono chiusi nel centro tutto il giorno".
(13 luglio 2008) di VLADIMIRO POLCHI

tratto da repubblica.it

venerdì 11 luglio 2008

Bankitalia: debito aprile a 1.661 mld



ROMA - Il debito pubblico italiano sale ancora e segna un nuovo record ad aprile a 1.661,4 miliardi di euro, dai 1.646,8 di marzo. Lo comunica la Banca d'Italia nel suo Supplemento del bollettino statistico. Il debito sale così per il quarto mese consecutivo nel 2008, portandosi a 1.661.486 milioni di euro da 1.646.811 milioni di marzo. Si tratta, in ogni caso, di una crescita in valore assoluto, mentre ai fini del patto distabilità europeo è il rapporto percentuale del debitorispetto al Pil ad avere valore. La crescita dello stock di debito, ad aprile rispetto amarzo, è stata di circa 15 miliardi di euro, mentre rispettoad aprile 2007 l'aumento è stato di oltre 50 miliardi di euro.

ENTRATE PRIMI 5 MESI 140,33 MLD (+6,1%)
Le entrate tributarie nei primi cinque mesi del 2008 sono ammontate a 140.333 milioni di euro,in crescita del 6,1% rispetto ai 132.178 milioni dello stessoperiodo dello scorso anno. E' quanto emerge dalla lettura deidati del Supplemento al bollettino statistico della Bancad'Italia. A maggio, ultimo mese analizzato, le entrate sono state paria 28.940 milioni di euro (28.363 nel maggio del 2007.

tratto da ansa.it

E L'URGENZA CHE FINE HA FATTO ???




vedi anche...

LE MANI SULLA CITTA'...REMAKE!!!



di BRUNO PERSANO e MARIA PIRRO

NAPOLI - Crolla a Napoli, nei quartieri Spagnoli, un palazzo disabitato. Le macerie investono il caseggiato di fronte e sotto le rovine potrebbero essere imprigionati alcuni operai, forse quattro, impegnati in lavori abusivi di ristrutturazione. Il primo crollo intorno alle quattro e mezzo del pomeriggio; il secondo mezz'ora dopo, mentre i vigili del fuoco lavoravano con i picconi alla ricerca di eventuali vittime. Le macerie hanno sfiorato alcuni soccorritori e sollevato una nuvola di polvere ripresa dalle telecamere già assiepate vicino alle transenne che chiudevano la strada.

Ricerche tutta la notte. Le rovine nel vicolo hanno raggiunto un'altezza di dieci metri ed è necessaria tutta la notte per rimuoverle. I terrazzini del palazzo di fronte al caseggiato crollato si sono sbriciolati sotto la pioggia delle macerie. Chiuse le strade limitrofe. I palazzi dei vicoli adiacenti sono stati sgomberati. Sono trecento le persone sfollate, per le quali il Comune ha allestito un centro di accoglienza nella scuola di quartiere.

"C'è il rischio di altri crolli". "Dobbiamo stare molto attenti nel lavorare per non mettere a rischio la vita degli operatori", ha detto il comandante provinciale dei vigili del fuoco Ugo Bonessio. "Potrebbero verificarsi altri crolli. L'edificio era di cinque piani in muratura, in forte stato di degrado. Abbiamo iniziato a lavorare con delle termocamere che, rilevando il calore, ci aiutano a capire se c'è gente sotto le macerie. Ci auguriamo che non ci sia nessuno ma non abbiamo ancora elementi per escluderlo con certezza".

Terrore nei vicoli. Dopo il primo crollo, la gente è fuggita dalle case terrorizzata. "Ho sentito un boato", racconta Maria, un'inquilina del caseggiato di fronte a quello crollato. "Poi si è alzata una nuvola di polvere. Ho preso mia figlia in braccio e sono corsa giù per le scale". Urla di panico, pianti; qualcuno è svenuto. Poi il secondo crollo quando già i pompieri e le ambulanze avevano raggiunto il quartiere nonostante le difficoltà incontrate per superare le numerose auto in sosta vietata. "Non ce la facciamo più a vivere così", ripetono gli inquilini degli Spagnoli. "E' una vergogna. Lo Stato non c'è. Qui viene giù tutto". Grida di rabbia provengono dalla folla che si è radunata vicino alle macerie. Proteste contro il proprietario del palazzo, ma anche contro gli amministratori: "Ci voleva il pericolo per farvi arrivare".

Un unico proprietario. Il caseggiato crollato era disabitato da circa vent'anni, dall'ultimo terromoto. Prima era di proprietà di dodici famiglie, ma recentemente l'edificio è passato ad un unico imprenditore che voci insistenti dicono avesse incaricato alcuni operai ad iniziare i lavori di ristrutturazione. Lavori che sarebbero cominciati alcune settimane fa. Sarebbero i manovali i dispersi di cui finora non si hanno notizie. Le autorità comunali assicurano di aver indirizzato più volte ai proprietari del caseggiato diffide perché mettessero l'edificio in sicurezza, l'ultima il 18 aprile 2007. Ma ogni richiamo è stato sempre disatteso. E ora il proprietario dell'immobile è irreperibile.

(11 luglio 2008) tratto da repubblica.it

Lodo Alfano, la Camera dice sì_ ora la legge passa al Senato



Veltroni: "Provvedimento ad personam, per questo il via libera in sole 48 ore"
Di Pietro: "Ci penserà la Consulta a rimettere le cose a posto". Si astiene l'Udc


ROMA - Il Lodo Alfano supera senza problemi il primo ostacolo. Dopo il via libera ottenuto oggi dalla Camera, con 309 voti favorevoli, 236 contrari e 30 astenuti (l'Udc), il disegno di legge firmato dal ministro della Giustizia che garantisce l'immunità giudiziaria alle quattro principali cariche dello Stato, ma soprattutto al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, passa ora all'esame del Senato. Poco più di una formalità visti i numeri di cui dispone la maggioranza anche a Palazzo Madama e visto il percorso lampo e senza scossoni fatto dal provvedimento a Montecitorio.

Approvazione lampo. Il sì della Camera è arrivato a tempo di record, nel giro di 48 ore. Alla velocità ha contribuito il fatto che il testo si compone di un solo articolo suddiviso in otto commi per sancire che "sono sospesi, per tutta la durata della carica, i processi penali nei confronti del presidente della Repubblica, del presidente del Consiglio e dei presidenti di Camera e Senato".

L'emendamento del Pd. Alla versione originale è stato aggiunto uno solo dei 283 emendamenti presentati dall'opposizione nel tentativo di modificare il Lodo e soprattutto rallentarne la corsa. A essere stato accolto è stato l'emendamento del Pd che stabilisce che la sospensione dei processi non si applichi nel caso di successiva investitura in altra carica o in altra funzione. Una clausola pensata essenzialmente per evitare che Berlusconi possa tornare a godere dello speciale privilegio una seconda volta nel caso di elezione a presidente della Repubblica.

Di Pietro invoca la Consulta. La modifica è stata resa possibile grazie al voto a favore del Pdl nel tentativo di mandare un messaggio distensivo all'opposizione, mentre l'Italia dei Valori per marcare in maniera ancora più netta la sua contrarietà ha votato contro. "Lei, signor presidente del Consiglio contumace, non ci degna della sua presenza in Aula", ha tuonato Antonio Di Pietro durante la dichiarazione di voto finale. "Ci avrebbe fatto piacere guardarla in faccia - ha aggiunto il leader dell'Idv - oggi che la mandiamo in paradiso. Ma avete sbagliato a scrivere la norma: sarà stato qualche suo 'domestico parlamentare', un po' come accadde a Previti e la legge che state facendo sarà incostituzionale".

Veltroni: "Legge ad personam". Nella dichiarazione di voto del Pd Walter Veltroni ha rimarcato che il Lodo Alfano "è obiettivamente una legge per una persona". "Se non fosse così - ha osservato - il governo avrebbe risposto positivamente all'appello a non avvalersi delle prerogative contenute nella norma, e cioè l'immunità per le alte cariche dello Stato".

Troppa fretta. Ma non solo: per Veltroni la prova che si tratta di una legge ad personam risiede anche nell'urgenza. "Perché non è stata scelta una legge costituzionale? - si è chiesto il segretario del Pd - Per la necessità di andare velocemente e fare presto, tanto che si è anche fatta un'inversione con il blocca processi". Ma ancor più grave, ha sottolineato Veltroni, "è che per fare una norma a favore dei non autosufficienti ci si è messo sei anni, per questa 48 ore".

D'Alema sferza Berlusconi. Per il Pd, Massimo D'Alema nel corso del dibattito mattutino ha preferito parlare invece del Lodo Alfano come di "una soluzione pasticciata e confusa". "E' una leggina - ha sottolineato l'ex vicepremier - che è un errore politico volto a tutelare l'interesse del presidente del Consiglio e lo espone al dibattito umiliante di questi giorni". "Non so se sia conveniente a Berlusconi - ha aggiunto - mi sentirei di dargli un consiglio nelle intenzioni amichevole: rinunci a questa leggina ed affronti il giudizio per accuse che ha sempre respinto".

Casini spiega l'astensione. Diversa la scelta dell'Udc, che ha preferito astenersi. "La maggioranza - ha chiarito Pier Ferdinando Casini - si assume interamente la sua responsabilità. Noi abbiamo operato con la logica della riduzione del danno. La nostra astensione non è solo un contributo alla serenità, ma è finalizzata a togliere dal decreto sicurezza il blocca processi".

Alfano soddisfatto. Soddisfatti, naturalmente, per il via libera di Montecitorio, maggioranza e governo, a cominciare dal ministro Alfano. "Siamo contenti - ha commentato il Guardasigilli - crediamo di aver fatto un buon lavoro". "L'Italia - ha aggiunto - ha bisogno di essere governata e Berlusconi, che ha vinto le elezioni, merita di governare questo Paese: i cittadini potranno poi valutare dopo un po' di anni".

(10 luglio 2008)

tratto da repubblica.it

O.K. IL PREZZO E' GIUSTO!



QUANTO COSTA UN'INTERCETTAZIONE
di Gilberto Muraro 08.07.2008


Per giustificare severe restrizioni alle intercettazioni telefoniche si cita anche il loro costo, che sarebbe di 400 milioni l'anno. Ma rischia di essere un argomento fuorviante. Perché pur senza imporre la prestazione gratuita alle società telefoniche nell'ambito della concessione ricevuta, si può ridurre il costo reale dell'intercettazione. Attraverso una radicale riorganizzazione del servizio e la creazione di un sistema nazionale, con un unico software, procedure uniformi e pagamenti accentrati. Si può arrivare a un risparmio del 60 per cento delle spese attuali.

Discutere oggi di intercettazioni telefoniche è maneggiare un esplosivo. Ma occorre avvertire che si rischia di decidere sulla base di erronee valutazioni. Non si discutono qui gli aspetti strettamente giudiziari, anche perché a chi scrive appaiono addirittura ovvi: ovvio che le intercettazioni sono uno strumento potente e a volte insostituibile di indagine, specie se si ricorda che in Italia l’economia criminale rappresenta una quota non trascurabile del Pil, non meno del 10 per cento, secondo le stime più accreditate, e rimane diffusa la criminalità amministrativa, corruzione e concussione in primis. Ovvio , quindi, che la loro abolizione significherebbe indebolire gravemente la capacità istruttoria. Ovvio, poi, che le intercettazioni devono riguardare sospetti di reati di elevato rilievo penale. Ovvio, infine, che la loro pubblicazione non autorizzata è una manifestazione intollerabile di inciviltà giuridica, da perseguire duramente, specialmente quando incida senza necessità sulla sfera privata. Ma se ci si limitasse a questo, si concluderebbe con una disciplina più attenta delle procedure e una più dura punizione degli abusi. In realtà, si prospettano restrizioni così severe, da comportare quasi l’annullamento delle intercettazioni. E come giustificazione aggiuntiva o addirittura determinante, si sottolinea con forza il loro costo: sarebbe dell’ordine di 400 milioni di euro all’anno, ossia un importo molto elevato in assoluto e del tutto insopportabile, si dice, quando si considerino le ristrettezze finanziarie che caratterizzano l’apparato giudiziario e che concorrono a determinare il triste primato italiano dei processi interminabili.

COME RIDURRE I COSTI

Orbene, fatta salva la libertà di ciascuno, in Parlamento e nel paese, di giudicare come vuole gli aspetti etici e giuridici del problema e di decidere di conseguenza, occorre dire che l’argomento dei costi rischia di essere fuorviante. Rappresenta solo una mezza verità e non giustifica affatto l’anzidetta conclusione. Perché è vero che i costi sono elevati, ma è anche vero che si possono fortemente ridurre. Non occorre arrivare a imporre la prestazione gratuita alle società telefoniche nell’ambito della concessione ricevuta, come era stato suggerito tempo fa dalla seconda Commissione del Senato, prendendo spunto da alcune esperienze estere. Simile prospettiva ha un indubbio fascino. Ma appare anche rispettabile la posizione di chi preferisce che i costi delle operazioni siano sempre evidenziati, per due motivi: per prendere decisioni corrette sulla convenienza degli interventi pubblici e per evitare che una prestazione gratuita imposta dallo Stato alla concessionaria abbia come contrappeso un favore elargito alla stessa società su altro fronte, rendendo opaco tutto il quadro dei delicati rapporti tra controllore e controllata.
Senza prendere posizione al riguardo, va sottolineato che in ogni caso si può e si deve ridurre proprio il costo reale delle intercettazioni attraverso una radicale riorganizzazione del servizio. Si tratta di creare un sistema nazionale, di rifare quindi tutti i contratti in essere e di prevedere un unico software e procedure uniformi, di accentrare i pagamenti e soprattutto di stabilire che questi basata sulla fatturazione di un forfait giornaliero e non più sulla fatturazione della singola intercettazione, con una spesa contabile folle, che vede molti addetti gestire oltre 200mila fatture all’anno.
In questa direzione, si era già orientato il governo Prodi, anche sulla scorta delle prime indicazioni avanzate dalla Commissione tecnica per la finanza pubblica, che stimava possibile un risparmio addirittura superiore al 60 per cento delle spese attuali. Soppressa dal nuovo governo la Commissione, non è il caso di sopprimerne le raccomandazioni senza discuterle.

tratto da lavoce.info

martedì 1 luglio 2008

Flores d'Arcais a Veltroni: Walter se ci sei batti un colpo

Il direttore di MicroMega chiede al segretario del Pd almeno "una buona ragione" per il suo rifiuto di partecipare alla manifestazione dell'8 luglio e l'invita a un immediato confronto pubblico sul tema.

LEZIONE SUL TEMPISMO...VELTRONI CAMBIA STRATEGIA: IN AUTUNNO IN PIAZZA CONTRO IL GOVERNO

20/06/2008

Il leader dell'opposizione ha parlato oggi alla prima "costituente" del Partito Democratico





Autunno...