mercoledì 27 febbraio 2008

Precariato e ricerca nell'università

Approvate nuove modifiche perche' tutto resti come prima se non peggio di prima

di Massimo De Carolis

Fonte: il Manifesto

Nelle dichiarazioni ufficiali sembrano tutti d'accordo - professori,
rettori e ministri - su quali siano le misure urgenti e necessarie per
arginare il dissesto delle universita' italiane. Occorrerebbe in primo
luogo correggere la sproporzione tra i pochissimi ricercatori giovani e i
troppi professori ordinari e associati, che da' ai nostri atenei la forma
di una piramide rovesciata, col risultato che l'eta' media dei docenti
italiani e' tra le piu' alte d'Europa e che senza il ricorso a una
marea di
precari, sottopagati o non pagati affatto, nessuna facolta' sarebbe in
grado di far funzionare ne' la didattica ne' la ricerca. In secondo luogo,
si dovrebbe riformare il meccanismo dei concorsi, trasformati da
decenni in
una macchina di cooptazione in cui vale la regola d'oro che a vincere non
e' il piu' meritevole, ma il piu' intrallazzato. Quando pero' dalle parole
si passa ai fatti, questo unanime impegno alla riforma sparisce d'incanto.
Ad esempio, nel cosiddetto decreto "milleproroghe", approvato alla
camera
pochi giorni fa, sono state introdotte a riguardo due modifiche di minima
entita', che tradiscono pero' il proposito di lasciare le cose esattamente
come stanno. Intanto, si e' deciso di fissare entro la fine del mese di
febbraio il termine oltre il quale non potranno piu' svolgersi
concorsi per
nuovi ricercatori con la vecchia procedura, quella della legge Berlinguer,
almeno nel caso di bandi interamente finanziati dai singoli atenei. Si
badi
che questa norma corregge due note ministeriali, emanate nel corso di
questo stesso mese, che fissavano il termine prima al 31 marzo, poi
addirittura al 7 dicembre 2007, mantenendo comunque il principio che,
oltre
un termine dato, dovra' entrare in vigore il nuovo regolamento varato dal
ministro Mussi. Il punto e' che, allo stato attuale, questo
regolamento non
esiste. Ne esiste solo una bozza, ancora al vaglio della magistratura
contabile, di cui - considerati i tempi della politica italiana - nessuno
e' in grado di dire se e quando sara' approvata in via definitiva. Il
buonsenso, evidentemente, avrebbe consigliato di lasciare in vigore le
vecchie regole fino al momento in cui le nuove fossero realmente
pronte, ma
a quanto pare il buonsenso non abbonda tra politici e amministratori. Il
risultato e' che l'attuale termine equivale, di fatto, a un blocco delle
nuove assunzioni, che potrebbe durare anche per anni, prolungando
ancora un
po' il precariato di chi si ostina a volere tentare la strada della
ricerca.
Al contrario, sull'altro versante, quello dei concorsi per associati e
ordinari, della vecchia normativa e' stato reintrodotto addirittura il
meccanismo delle doppie idoneita': ossia, per ogni posto effettivamente
assegnato ci sara' un secondo candidato idoneo, che potra' a quel punto
essere assunto da qualsiasi universita' senza concorso. E' una norma che
consente a una universita' su due (di regola la piu' potente) di
giocare di
rimessa, aiutando i propri candidati a guadagnare una idoneita' nei
concorsi altrui, per poi chiamarli in cattedra senza alcun rischio che il
posto finisca a qualcun'altro, magari solo perche' dotato di maggiori
titoli. Tuttavia, anche l'universita' che bandisce il concorso ha il suo
vantaggio: offrendo in premio l'idoneita' supplementare, puo' ottenere
l'alleanza di un gruppo accademico potente, e assicurarsi cosi' la nomina
del candidato interno per il posto vero e proprio. Nell'un caso e
nell'altro, insomma, l'obiettivo e' mettere al sicuro il risultato prima
ancora che il concorso abbia luogo. Una sicurezza non difficile da
ottenere, visto che i membri delle commissioni di concorso sono eletti a
maggioranza tra i docenti della disciplina, di modo che, almeno nei
raggruppamenti disciplinari poco numerosi (che sono la stragrande
maggioranza), un gruppo accademico bene organizzato sa esattamente quanti
voti puo' far confluire su ciascun candidato e quanti alleati
eventualmente
occorrono per avere il controllo completo di una commissione.
Nei mesi che precedono il concorso, prende forma, cosi', la grottesca
parodia di una campagna elettorale in cui gli aspiranti commissari
chiedono
ai loro colleghi voti e sostegni dichiarando ovviamente in anticipo, con
nome e cognome, il candidato che intendono favorire una volta eletti. Il
risultato non e' solo che i nomi dei vincitori, come si sa, sono gia' noti
a tutti molto prima che il concorso abbia inizio, ma che - per di piu'
- si
ha la garanzia che nessuno possa sedere in commissione senza aver
contratto
impegni e debiti con i propri sostenitori.
Anche nell'improbabile eventualita' di una crisi di coscienza, e'
escluso
che si possa correggere la rotta e premiare un candidato a sorpresa
solo in
quanto si e' dimostrato piu' bravo degli altri, perche' cio'
equivarrebbe a
un tradimento degli impegni presi: l'unica scorrettezza istituzionale che
in Italia e' davvero punita con severita', specie quando si tratta di
impegni chiaramente contrari alla legge e alla decenza. Eppure,
nell'attesa
di una riforma complessiva che si fara' probabilmente attendere per anni,
anche questa stortura potrebbe essere corretta con un minimo buonsenso.
Basterebbe che i commissari fossero eletti a sorte, a rotazione, tra i
docenti della disciplina. Ovviamente, anche in un caso del genere
sarebbero
possibili abusi, dispute e ricorsi. Ci sarebbe pero' quanto meno la
legittima speranza che qualcuno, in commissione, sia realmente neutrale e
disinteressato, mentre col meccanismo attuale nessuna persona sana di
mente
puo' pensare di gettarsi nella mischia se non ha un preciso interesse
personale, giustificato o meno, a influenzare il risultato in una
direzione
prefissata. Una innovazione cosi' banale, realizzabile con un tratto di
penna, metterebbe almeno fine all'avvilente marea di accordi sotto banco,
inciuci, liti e compromessi cui i nostri docenti si dedicano con una
passione e uno zelo degni di miglior causa, e magari snellirebbe anche la
mole dei tanti convegni di studio di dubbia utilita', pagati con fondi
pubblici, che servono in genere piu' a consolidare le alleanze che a far
davvero progredire la ricerca.
Solo che una modifica del genere ridurrebbe anche di molto il
potere e la
capacita' di controllo dei grandi gruppi accademici. Percio' e' probabile
che non se ne fara' nulla, ne' ora ne' mai.

lunedì 25 febbraio 2008

Donne d'onore. Storie di mafia al femminile




Scuola della Nonviolenza
anno scolastico 2007/08


DONNE E VIOLENZA
presso la sede AIAS, g.c., via Cassoli 25/i - Ferrara


Venerdì 29 febbraio ore 21
Donne d'onore. Storie di mafia al femminile


con Ombretta Ingrascì, autrice del libro e ricercatrice per Omicron - Osservatorio Milanese sulla Criminalità Organizzata
Trascurato fino agli anni Novanta - a parte la pionieristica raccolta a cura del Centro siciliano di documentazione Giuseppe Impastato -, il tema donne e mafia ha suscitato negli ultimi anni un incrementato interesse dovuto all'aumento del numero di donne coinvolte nelle attività mafiose. Risultato di un'effettiva crescita dell'inserimento delle donne nella mafia ma anche dell'emergere di una realtà nascosta.
L'impegno nell'analisi di tematiche riguardanti la sfera privata e intima dell'universo mafioso è una direzione necessaria per lo studio del fenomeno mafioso, al fine di capirlo, e quindi contrastarlo meglio, non solo nella dimensione criminale ma anche in quella culturale.


Tutti gli incontri rientrano nell’ambito del progetto:
“Nonviolenza, Femminile Plurale: la scuola della nonviolenza, l’ONU dei popoli e la Memoria e il Dialogo a Ferrara”,
realizzato con il contributo della Regione Emilia Romagna.

In collaborazione con Oltreconfine, Libera, Officina, Amnesty International

sabato 23 febbraio 2008

Extraordinary Rendition: un film rilancia il caso


di Pasquale Colizzi -
Fonte: l'Unità - 22/02/08

Arrivano le prime timide ammissioni dei governi, nonostante gli omissis e l’ opposizione del segreto di Stato, e si configurano scenari più ricchi di particolari sulla questione delle extraordinary renditions, cioè i rapimenti a scopo di interrogatorio di presunti terroristi. Una pratica che nel dopo 11 settembre la Cia ha utilizzato per un numero imprecisato di volte coinvolgendo non si capisce bene quante persone. Catturate con azioni segrete e trasportate con voli speciali in basi a disposizione dei servizi segreti Usa (nell’Europa dell’Est in Romania e Polonia e anche in nord Africa e Asia) per essere interrogati in modo "non convenzionale", cioè al di fuori delle regole internazionali che vietano la tortura.

Azioni che letteralmente significano "consegne straordinarie", una sorta di rilascio che invece nella pratica si traduce in detenzione a tempo illimitato, in luoghi sconosciuti, senza un capo d’accusa chiaro, lasciando i familiari delle vittime allo scuro di tutto.

Il caso più noto in Italia è quello dell'imam egiziano Abu Omar, rapito in pieno giorno a Milano da 26 uomini della CIA nel febbraio 2003, con la probabile complicità del Sismi. La Procura di Milano ha rinviato a giudizio gli uomini Cia, l'ex direttore del Sismi Nicolò Pollari e Renato Farina, giornalista di Libero. Altre inchieste sono in corso in Germania, Svizzera, Spagna, Portogallo mentre nel febbraio del 2007 il Parlamento Europeo ha approvato la relazione di una commissione d'inchiesta che condanna i metodi Usa e la collaborazione di diversi governi europei.

Se volete avere un’idea "visiva" di cosa possa significare tutto questo, il 29 febbraio esce nelle sale Rendition, il film di Gavin Hood (regista sudafricano premio Oscar nel 2005 per Tsotsi) che, ispirandosi ad un caso reale, mostra che fine fa un ingegnere chimico di origine egiziana che stava tornando negli Usa dopo essere stato ad un convegno a Città del Capo. Dal vertice della Cia (Meryl Streep), che lo ritiene in contatto con cellule terroristiche, arriva l’ordine di rapirlo. Nel carcere del nord Africa dove viene segregato lo sottopongono a interrogatori e torture finchè pure il rappresentante dei servizi Usa (Jake Gyllenhaal), si muove a pietà. Intanto a Washington la moglie Isabella (Reese Witherspoon) tenta l’impossibile: chiedere spiegazioni alla politica.

Il film è coraggioso da tanti punti di vista. Innanzitutto perché affronta un tema poco noto e indigesto al pubblico Usa. Alla presentazione per la stampa lo ha sottolineato Piera Detassis, direttrice di Ciak e responsabile della sezione Premiere della Festa di Roma, che lo ha ospitato a ottobre. Tutta una serie di pellicole americane sono andate male negli States, da Lions for Lambs di Redford (che invece in Italia ha fatto il record rispetto agli altri paesi) a Nella Valle di Elah mentre hanno riscosso interesse in Europa. Emblematico il caso dell’Inghilterra, dove Rendition è uscito in ottobre e ha scatenato una serie di domande al governo sulle possibili connivenze con gli Usa. Nel 2005 Tony Blair, sodale di Gorge Bush nella lotta dura al terrorismo, aveva negato ogni coinvolgimento. E invece è di giovedì la notizia della parziale ammissione del ministro degli Esteri sulla concessione in due occasioni della base inglese di Diego Garcia, nell’Oceano Indiano, per far rifornire aerei Cia che trasportavano prigionieri.

Del resto il tema della reticenza della classe politica su queste vicende è un punto centrale. Claudio Fava, eurodeputato Ds e relatore della Commissione d’ inchiesta del Parlamente europeo sul tema, ha punto il dito: “Ho capito che le istituzioni europee non hanno intenzione di trovare la verità. L’imbarazzo dei governi è palese, compresi gli ultimi due in Italia, che non potevano non sapere: le procedure Cia impongono che per un’operazione come quella di Abu Omar ci sia il lasciapassare del primo Ministro. Come minimo”. Quanto ai numeri e ai metodi, l’esponente Ds ricorda che “sono stati censiti 1341 voli di compagnie fantasma intestate a caselle postali di posti sperduti e tutti riconducibili alla Cia. Sul sito dell’Europarlamento si trova la lista delle sigle”. Nessuna guardia di frontiera ha mai chiesto spiegazioni su questi aerei. Esistono poi situazioni paradossali: “Abbiamo testimonianze di un caso in cui da un piccolo aereo giorni utilizzato per una rendition, in sosta per due giorni, chiesero 60 kili di ghiaccio secco. Ora: per le bevande di un intero Boeing ne sarebbero bastati 20”. Quanto ai catturati e rilasciati, si conoscono solo 19 casi, i più eclatanti perché erano coinvolti cittadini residenti in Europa “tutti scarcerati perché le prove erano inesistenti”. Anche perché pratica comune, specie in paesi del nord Africa, era di “vendere per migliaia di dollari nomi di persone rivelatesi estranee”.

Comunque il 12 marzo riprenderà il processo sul caso Abu Omar. Voce autorevole in questo senso quella del procuratore di Milano Armando Spataro, anche lui impressionato dalla ricostruzione del film. Quanto al procedimento, bloccato perché il governo in carica ha opposto il segreto di Stato (deve pronunciarsi la Corte Costituzionale sull’eventuale conflitto di attribuzioni), fa un appello: ”Se più volte Prodi ha dichiarato che sul caso sarà tolto il segreto di Stato, agisca di conseguenza e lasci celebrare il processo”. Il procuratore ha sottolineato che la forza delle democrazie si misura quando “per rispettare le regole si opera con una mano dietro la schiena” e rivendica per il nostro paese “il primato di condannati per terrorismo internazionale”. Significa che data estrema importanza alle prove e agli indizi di colpevolezza. Anche perché gli stessi addetti ai lavori hanno più volte sottolineato “l’inutilità della tortura per ottenere informazioni o comunque risultati scarsi in questo senso”.

Quest’ultima questione è una di quelle avanzate anche da Giusy D’Alcanzo, ricercatrice per Amnesty International, che sostiene l’uscita del film e che ha prodotto lavoro utilissimo anche per la Commissione d’inchiesta europea. I suoi dossier hanno permesso di fare luce su decine di casi, documentandoli e portandoli all’attenzione dell’opinione pubblica. Uno sforzo parallelo dovrebbe fare il mondo dell’informazione, che spesso è stata reticente su questi casi. Servirebbero anche più dirigenti dei servizi segreti che si facciano prendere da “crisi di coscienza”, come accade a Jake Gyllenhall nel film: fa fuggire il detenuto e poi chiama il Washington Post.

Per una sintesi in italiano della relazione vedi qui.

IL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE EUROPEA SAREBBE IMPLICATO NEI VOLI SEGRETI CIA

A CURA DI RESEAU VOLTAIRE
Fonte: ComeDonChisciotte - 01/02/2008

Secondo l’associazione britannica Retrieve, il governo portoghese avrebbe autorizzato numerosi voli segreti della CIA e partecipato al trasferimento di oltre 700 prigionieri illegali verso il centro di tortura di Guantanamo.

L’associazione pubblica una lista di 48 voli, avvenuti tra il 2002 e il 2006, che hanno utilizzato lo spazio aereo portoghese, così come la lista dei detenuti per volo (almeno nel caso di una trentina di voli) e 8 testimonianze di ex-detenuti (vedere il documento allegato).

La precisione di queste informazioni permetterà agli inquirenti del Parlamento europeo e del Consiglio d’Europa di procedere a delle verifiche. L’ampiezza del traffico qui descritto è senza paragoni rispetto a quanto gli stessi inquirenti avevano potuto appurare finora.

Tali pratiche contravvengono la legge penale portoghese e la Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo. Poiché il Portogallo è tra i firmatari del Trattato di Roma del 1998, i responsabili politici implicati sono passibili di essere giudicati dalla Corte Penale Internazionale.

Le autorità portoghesi hanno smentito con veemenza le imputazioni di Retrieve. Sono chiamati in causa tre Primi ministri consecutivi: Josè Manuel Durao Barroso, Pedro Santana Lopes e Josè Socrates.

M. Barroso, che aveva dato il via libera all’invasione dell’Iraq organizzando il vertice delle Azzorre, è attualmente presidente della Commissione Europea.

Titolo originale: "Le président de la Commission européenne serait impliqué dans les vols secrets de la CIA"

Tratto da http://www.voltairenet.org

giovedì 21 febbraio 2008

Libera RAI in libero Stato



FIRMA E DIFFONDI L'APPELLO!

Fonte: Arcoiris

PROPOSTA PER IL NUOVO CONTRATTO DI SERVIZIO RAI
"LIBERARE GLI ARCHIVI DEL SERVIZIO RADIOTELEVISIVO PUBBLICO"
"Vorremmo che tutto l'archivio RAI
fosse sempre accessibile via Internet
gratuitamente a scopo non commerciale
per tutti gli individui."

Premessa

* Le reti digitali pongono una nuova sfida al servizio pubblico radiotelevisivo: permettono a chiunque di avere accesso, nel momento e dal luogo da lui scelto, alle informazioni ed alle opere creative che desidera tra quelle disponibili attraverso le reti digitali. Questa possibilità offerta dalla tecnologia è un'occasione di crescita creativa e culturale per l'Italia, per gli Italiani e per tutti gli individui. E' quindi un obiettivo culturale e sociale fondamentale quello di mettere a disposizione di tutti gli individui contenuti liberamente utilizzabili per fini non commerciali.
* La RAI deve raccogliere questa sfida assolvendo in modo pieno alla propria funzione di servizio pubblico e aggiornando la propria offerta di servizi alle nuove possibilità offerte dalla tecnologia. La RAI infatti dispone di uno straordinario patrimonio di contenuti. Dal 1954, oltre 50 anni di storia d'Italia, di programmi, notizie, documentari, personaggi e opere d'autore che hanno formato e informato generazioni di italiani attraverso la televisione di Stato (quando monopolista) e il servizio pubblico sono tuttora in buona parte "chiuse" nelle Teche Rai.

Servizio pubblico, contenuti pubblici

* Una parte importante di questi contenuti può già essere messa a disposizione degli individui perché la RAI detiene pieni diritti di diffusione attraverso le reti digitali di questi contenuti (o perché sono ormai nel pubblico dominio, o perché ha precedentemente acquisito dagli aventi diritto la facoltà di diffonderli e/o consentirne la modifica). L'OCSE ha recentemente riconosciuto l'importanza di mettere a disposizione di tutti gli individui contenuti pubblici. In Gran Bretagna, la BBC ha già percorso con successo la strada di mettere a disposizione dei cittadini britannici gratuitamente una parte dei propri archivi (attraverso licenze Creative Archives).
* Il denaro pubblico speso negli anni per realizzare la preziosa collezione di contenuti della RAI, patrimonio culturale e memoria collettiva di tutti gli Italiani, trova la sua più nobile capitalizzazione nel mettere a disposizione di tutti gli individui quei contenuti.
Al tempo stesso, il servizio pubblico potrebbe avere un ritorno sfruttando commercialmente i siti internet delle teche (Rewind, Raiclick, Techerai) e offrire servizi per esigenze specifiche.
* Chiediamo pertanto che, attraverso il nuovo Contratto di Servizio, la RAI adotti le misure più adatte per raggiungere lo scopo di mettere a disposizione di tutti gli individui, gratuitamente, il proprio archivio col fine di consentire, a qualunque individuo di accedere a, copiare, elaborare senza scopo commerciale, nella massima misura possibile (tenendo conto dei legittimi diritti dei terzi) i contenuti dell'archivio RAI.
* E in particolare:
o assumere questo scopo tra le proprie funzioni ed obiettivi istituzionali,
o adottare per il futuro le politiche di procurement dei diritti più utili per massimizzare il raggiungimento dello stesso scopo.

Promotori:

* Amisnet
* Arcoiris.tv
* Assoli (Associazione Software Libero)
* Cani sciolti
* Carta
* CRIS-Diritti di comunicazione nella società dell'informazione
* Hipatia
* Il Secolo della Rete
* Linkati.info
* Luogo Comune
* LSDI - Libertà di Stampa Democrazia dell'Informazione
* Megachip
* Peacelink
* Perunaltratv
* Sbilanciamoci
* Tavola della Pace e campagna "Vogliamo di +"

mercoledì 20 febbraio 2008

ciclo donne e nonviolenza - primo incontro ven.22/02/08



Scuola della Nonviolenza
anno scolastico 2007/08

- DONNE E VIOLENZA -

presso la sede AIAS, g.c., via Cassoli 25/i - Ferrara


VENERDI' 22 fEBBRAIO - ORE 21

Più di mille giovedì. Les madres de Plaza de Mayo

Barbara Bongiovanni_Oltreconfine
Nora Lohmy_insegnante argentina

martedì 19 febbraio 2008

Appello per l'autodeterminazione delle donne


MICROMEGA PROMUOVE QUESTO APPELLO

Per sottoscrivere la lettera-appello:

www.firmiamo.it/liberadonna

Caro Veltroni, caro Bertinotti, cari dirigenti del centro-sinistra tutti, ora basta! L'offensiva clericale contro le donne – spesso vera e propria crociata bigotta - ha raggiunto livelli intollerabili. Ma egualmente intollerabile appare la mancanza di reazione dello schieramento politico di centro-sinistra, che troppo spesso è addirittura condiscendenza. Con l'oscena proposta di moratoria dell'aborto, che tratta le donne da assassine e boia, e la recente ingiunzione a rianimare i feti ultraprematuri anche contro la volontà della madre (malgrado la quasi certezza di menomazioni gravissime), i corpi delle donne sono tornati ad essere “cose”, terreno di scontro per il fanatismo religioso, oggetti sui quali esercitare potere. Lo scorso 24 novembre centomila donne – completamente autorganizzate – hanno riempito le strade di Roma per denunciare la violenza sulle donne di una cultura patriarcale dura a morire. Queste aggressioni clericali e bigotte sono le ultime e più subdole forme della stessa violenza, mascherate dietro l'arroganza ipocrita di “difendere la vita”. Perciò non basta più, cari dirigenti del centro-sinistra, limitarsi a dire che la legge 194 non si tocca: essa è già nei fatti messa in discussione. Pretendiamo da voi una presa di posizione chiara e inequivocabile, che condanni senza mezzi termini tutti i tentativi – da qualunque pulpito provengano – di mettere a rischio l' autodeterminazione delle donne, faticosamente conquistata: il nostro diritto a dire la prima e l'ultima parola sul nostro corpo e sulle nostre gravidanze. Esigiamo perciò che i vostri programmi (per essere anche nostri) siano espliciti: se di una revisione ha bisogno la 194 è quella di eliminare l'obiezione di coscienza, che sempre più spesso impedisce nei fatti di esercitare il nostro diritto; va resa immediatamente disponibile in tutta Italia la pillola abortiva (RU 486), perché a un dramma non debba aggiungersi una ormai evitabile sofferenza; va reso semplice e veloce l'accesso alla pillola del giorno dopo, insieme a serie campagne di contraccezione fin dalle scuole medie; va introdotto l'insegnamento dell'educazione sessuale fin dalle elementari; vanno realizzati programmi culturali e sociali di sostegno alle donne immigrate, e rafforzate le norme e i servizi a tutela della maternità (nel quadro di una politica capace di sradicare la piaga della precarietà del lavoro). Questi sono per noi valori non negoziabili, sui quali non siamo più disposte a compromessi.

PRIME FIRMATARIE:

Simona Argentieri
Natalia Aspesi
Adriana Cavarero
Isabella Ferrari
Sabina Guzzanti
Margherita Hack
Fiorella Mannoia
Dacia Maraini
Alda Merini
Valeria Parrella
Lidia Ravera
Elisabetta Visalberghi

Vi invitiamo a firmare e a diffondere questo appello.

sabato 9 febbraio 2008

AGGREDITO IL GIORNALISTA DI TELEJATO

Telejato, il «tg corsaro» in diretta-fiume contro i boss



di Saverio Lodato

Fonte: l'Unità

Il suo personalissimo tg, che dura dalle 14 e 30 alle 16 e 30, che France 2 definì «il telegiornale più lungo del mondo», è da guinness; magari un primato antitetico a quello dei «due minuti di varietà di Fiorello», ma un signor primato anche il suo, non c’è che dire. Il giornalista gladiatore va in onda, in diretta, con l’occhio sinistro pesto, nero e semichiuso. È finito su quasi tutte le reti nazionali e, con ogni probabilità, l’immagine traumatizzante di che fine rischia di fare un gladiatore giornalista antimafia nel nido delle vipere mafiose, farà il giro del mondo.

Diciamo che nelle due ore lui si occupa poco di varietà.

E si deve essere gladiatori, in quel di Partinico, per adoperare una tv privata piccola piccola, «Telejato», come fosse una tv vera, come fosse un formidabile strumento di emancipazione della gente, come fosse una fucina che vomita quotidianamente notizie che provocano la rabbia e l’odio dei clan, delle famiglie, dei potentati locali, delle consorterie, di Cosa Nostra, insomma. Un po’ gladiatore. Un po’ martire. Un po’ eroe, Pino Maniaci, 55 anni, pestato a sangue due giorni fa da Michele Vitale, 16 anni, uno dei figli di Vito Vitale, detto «fardazza», feroce capo mafia di Partinico, arrestato nel ’98 in quanto braccio armato di Totò Riina, non è un giornalista con il tesserino dell’ordine, non è neanche un pubblicista. Testimonianza vivente che non è il tesserino dell’ordine che fa il giornalista.

Certo. Ma con le sue 270 querele per diffamazione, Maniaci meriterebbe di ricevere a domicilio il tesserino «ad honorem». E se non lui chi se no?

Sono andato a trovarlo ieri pomeriggio. Fra una diretta e l’altra del suo tg, ho conosciuto la sua redazione, la sua televisione. La redazione? In tutto, a parte lui, due persone. Letizia, 23 anni, occhi azzurrissimi, scuola alberghiera interrotta. È figlia di Pino. Nel 2005, a Santa Venerina, le diedero il premio intitolato a Maria Grazia Cutuli, in quanto «simbolo e mascotte della graffiante redazione, erede di Radio Out, l’emittente legata all’impegno e al sacrificio di Peppino Impastato, militante di una informazione tesa a scovare e denunciare fatti e misfatti di notabili e mafiosi». Poi c’è Giovanni, 20 anni, studi interrotti dopo le medie. È l’altro figlio di Pino.

Ma certo che Letizia e Giovanni non sono né pubblicisti, né praticanti, né giornalisti. Figurarsi. Sono dei Maniaci, e questo può bastare. Faccio al gladiatore Pino Maniaci, la domanda che più banale non potrebbe essere, ma che di fronte al suo occhio pesto, nero e semichiuso, forse lo è di meno: «Ma non hai paura?». Certo che abbiamo paura, mi risponde. Ci mancherebbe. Ma sono decisioni che si prendono in famiglia. Io sono un irresponsabile. Sono irresponsabile due volte - ammette il gladiatore - perché oltre a essere coinvolto io è coinvolta la mia intera famiglia. Ma abbiamo deciso già da molto tempo: andiamo avanti.

Ma sua moglie che ne dice? E si inserisce Letizia: la mamma è la nostra badante, fa da balia a noi e all’intera televisione. Pino mi spiega che sono stati i figli, spontaneamente, a chiudere con gli studi per «starmi accanto». La famiglia Maniaci, 24 ore su 24, vive per tenere in vita la «sua» tv, raro esempio di «televisione comunitaria di partito», che ha come direttore responsabile Riccardo Orioles, che iniziò con «I Siciliani» di Giuseppe Fava.

«Telejato». Copre un area che è tutto un programma: Corleone, San Giuseppe Jato, Partinico. Una vallata che per Cosa Nostra da decenni non ha mai registrato crisi di vocazione. In totale, 22 comuni, per circa 150 mila abitanti. Se qui fosse misurato lo share, fra le 14 e 30 e le 16 e trenta, si scoprirebbe che due famiglie sue tre sono incollate al video per sentire il gladiatore, un po’ erede di Impastato, un po’ erede di Mauro Rostagno, un po’ erede del giornalismo vecchia maniera, alla Mauro De Mauro, alla Fava. La Procura di Palermo scoprì che dal suo covo di «Montagna Cavalli» a Corleone, dove poi sarebbe stato arrestato, Bernardo Provenzano non si perdeva mai il «telegiornale più lungo del mondo».

Direte: ma in tre come fanno? Intanto hanno una rete di una decina di informatori, tutti rigorosamente non giornalisti, disseminati nei comuni più caldi della vallata. E il gladiatore, con un pizzico di legittimo orgoglio, osserva che «se accade qualcosa nella zona, difficilmente sfugge a Telejato». No, non è un millantatore. Prova ne sia che furono loro per primi a dare la notizia del pentimento di Giusy Vitale, prima donna boss a essersi pentita, sorella proprio del «fardazza», e zia di Michele, il delinquentello che ha pestato Pino Maniaci (che per la cronaca, essendo minorenne, resta libero).

Prova ne sia che lunedì sono stati i primi, a notte fonda, a scoprire che esercito e polizia erano entrati nella vallata alla ricerca di un cimitero di Cosa Nostra; notizia che tutte le agenzie avrebbero ripreso il giorno dopo. A tale proposito, sia detto per inciso, si potrebbe improvvisare questo adagio: se i giornalisti non fanno più scoop, prima o poi gli scoop li faranno i non giornalisti.

Ma sapete perché Maniaci è stato pestato? Perché qualche mese fa ha invitato a Partinico i ragazzi palermitani di «Addio pizzo» e li ha portati davanti alle stalle (tutte abusive) dei Vitale. Insieme hanno piantato ai muri una decina di mattonelle con scritto: «Le stalle della vergogna». Tutto ripreso in diretta, ovviamente. E qualche giorno fa, il comune è intervenuto e le stalle sono state finalmente demolite. Ammetterete che i Vitale non hanno gradito.

Come da anni non gradisce la signora Antonina Bertolino, proprietaria della distilleria di alcool più grande d’Europa, e di distillerie sparse in mezzo mondo, soprannominata la «Signora delle Vinacce», che la Cassazione ha definitivamente condannato per inquinamento ambientale. La signora, di querela facile, sulle spalle del povero gladiatore, lei da sola, ne ha fatte piovere più di 200. Le altre provengono da politici e amministratori locali.

Pino, ma da piccolo che facevi? «Mio padre aveva un panificio a Montelepre e ho iniziato facendo il fornaio. Poi liceo classico, studi interrotti a Medicina. Per alcuni anni fui proprietario di una piccola impresa edile. Nel 1999, subentrai a Telejato, che la comunità europea aveva affidato a Rifondazione Comunista. Toti Costanzo, il segretario di Rifondazione a Partinico, non ce la faceva più a mandarla avanti e mi propose di prendere il suo posto».

Se Toti Costanzo avesse saputo il bel casino che il gladiatore avrebbe combinato nella vallata delle vipere mafiose...

(01/02/08)

Caro Maniaci...

di Riccardo Orioles

Fonte: Megachip

Qualche giorno fa Giuseppe Manici, direttore della Tv locale "Telejato" di Partinico (Pa), è stato aggredito a calci e a pugni in pieno giorno da un gruppo di giovani, fra i quali il figlio del boss mafioso Vito Vitale. Al giornalista siciliano è stata espressa solidarietà da Rita Borsellino, Francesco Forgione, Leoluca Orlando, Giusto Catania, Beppe Lumia e tanti altri. Noi pubblichiamo la lettera di sostegno di Riccardo Orioles e della redazione di "Casablanca".

Solidarietà militante a te e ai tuoi per la vigliacca (ma non casuale) aggressione di ieri. Ai boss, evidentemente, le inchieste fanno molta paura. La solidarietà di Casablanca, e degli altri (pochi) che fanno libera informazione, però non può bastare; per una volta, ci piacerebbe vedere anche quella della gente perbene.

Per esempio:

1) L'Ordine dei giornalisti. Il direttore responsabile di Telejato (che è lo stesso di Casablanca) una settimana fa è stato convocato d'urgenza dai carabinieri per sapere chi controlla Telejato, e se i suoi reporter sono iscritti all'Ordine, e se tutte le marche da bollo erano state messe al posto giusto e se per caso non era stato rispettato l'articolo tale paragrafo talaltro richiestop dalla tale e talaltra burocrazia. Su questo L'Ordine dei Giornalisti deve intervenire con autorità e urgenza. Quelli di Telejato sono giornalisti, o no? Bisogna aspettare la revolverata finale per essere riconosciuti dall'Ordine (come è stato per Beppe Alfano) o ci si può pensare anche prima?

2) La brillante carriera dell'attuale direttore responsabile di Telejato si deve alla volontaria rinuncia di un collega molto più autorevole di lui, Francesco Forgione. Forgione era direttore responsabile di Telejato fin dalla fondazione. Ma si dimise appena nominato Presidente della Commissione antimafia, per alto senso di Responsabilità Istituzionale istituzionalizzata e per non dare l'impressione di non essere "al di sopra delle parti" ecc. ecc. Tuttavia, quando una delle parti viene fermata per strada e presa a legnate dai mafiosi, forse si potrebbe anche credere che non sarebbe un peccato gravissimo non svolazzare al di sopra di essa ma riscendere sulla terra e fermarsi accanto a lei.

Perciò sarebbe un buon segnale se l'onorevole Forgione riprendesse la direzione responsabile dell'emittente e si schierasse pubblicamente e "non neutralmente" a fianco dell'informazione antimafiosa, checché possano dirne i bempensanti. Non ci sarebbero ostacoli tecnici, perché l'attuale direttore sarebbe pronto a cedergli immediatamente la poltrona, nè c'è alcuna legge che vieti ai presidenti delle commissione antimafie di dirigere tivvù antimafiose.

(4/2/08)

martedì 5 febbraio 2008

CORTE DEI CONTI: ITALIA PAESE DI SPRECHI E TANGENTI

05/02/2008

L'anno giudiziario naugurato stamane a Roma alla presenza del Capo dello Stato

sabato 2 febbraio 2008

Ecco perchè Mastella è stato inquisito


di Gabriele Corona - www.altrabenevento.org

Abbiamo suddiviso in 16 parti la Ordinanza del Gip di Santa Maria Capua Vetere già pubblicata integralmente da Franco Bechis, in modo da consentire la immediata identificazione dei reati ipotizzati a carico dei singoli indagati con la descrizione dei fatti e le relative indagini. Ne viene fuori un quadro impressionante delle contestate "attività criminose" di politici, amministratori, funzionari pubblici, magistrati e tecnici quasi tutti collegati all'UDEUR.

Il sen. Clemente Mastella ritiene, invece, che "attentano alla democrazia" i magistrati che coraggiosamente hanno condotto questa indagine.

Fonte: Megachip

venerdì 1 febbraio 2008

LA REPLICA DI MICHELE SANTORO

“Dopo la messa in stato d’accusa di Luigi De Magistris e Clementina Forleo era facile prevedere che sarebbe toccato ad Annozero.
Il Presidente dell'Agcom ha scelto per il suo intervento nei confronti della nostra trasmissione un nuovo tipo di provvedimento, non previsto dalla legge, il “preannuncio di richiamo”, che si traduce in una censura pubblica, generica ed immotivata, quanto profondamente ingiusta. Questo modo di agire non sembra conforme alle regole di correttezza cui il Presidente ritiene di poter fare riferimento.
Ribadisco di non aver violato alcuna regola e preannuncio a mia volta che non avrò difficoltà a respingere in ogni sede competente questo strumentale attacco al mio operato.
Quanto alla regola del contraddittorio, tirata in ballo a sproposito, devo ricordare, per amore di obiettività, che cinque degli otto commissari dell’Agcom sono ex parlamentari e uno era il capogruppo di un partito al Consiglio comunale di Bologna. La nomina del consiglio dell’Agcom è il risultato di una lottizzazione che prevede quattro membri di centrodestra e quattro di centrosinistra. Uno dei membri designati dal centrosinistra è un ex deputato dell’Udeur. Lascio al pubblico la valutazione sui criteri che hanno ispirato questo richiamo e sul perché esso sia stato formulato”.

Michele Santoro
1 Febbraio 2008

tratto da annozero.rai.it

IL GARANTE PER LE COMUNICAZIONI DICE "BASTA ALLA GOGNA MEDIATICA"

01/02/2008

No ai processi tv: l'Agcom ha fissato nuove regole sulle trasmissioni che trattano i temi caldi di cronaca. Richiamo alla Rai per Santoro

Europa7 - intervista a Francesco Di Stefano



per visionare la sentenza della Corte clicca qui.

FREQUENZE TV, LA CORTE DI GIUSTIZIA UE CONDANNA L'ITALIA

31/01/2008

Il sistema è contrario al diritto comunitario. Vittoria per Europa 7