sabato 9 febbraio 2008

Telejato, il «tg corsaro» in diretta-fiume contro i boss



di Saverio Lodato

Fonte: l'Unità

Il suo personalissimo tg, che dura dalle 14 e 30 alle 16 e 30, che France 2 definì «il telegiornale più lungo del mondo», è da guinness; magari un primato antitetico a quello dei «due minuti di varietà di Fiorello», ma un signor primato anche il suo, non c’è che dire. Il giornalista gladiatore va in onda, in diretta, con l’occhio sinistro pesto, nero e semichiuso. È finito su quasi tutte le reti nazionali e, con ogni probabilità, l’immagine traumatizzante di che fine rischia di fare un gladiatore giornalista antimafia nel nido delle vipere mafiose, farà il giro del mondo.

Diciamo che nelle due ore lui si occupa poco di varietà.

E si deve essere gladiatori, in quel di Partinico, per adoperare una tv privata piccola piccola, «Telejato», come fosse una tv vera, come fosse un formidabile strumento di emancipazione della gente, come fosse una fucina che vomita quotidianamente notizie che provocano la rabbia e l’odio dei clan, delle famiglie, dei potentati locali, delle consorterie, di Cosa Nostra, insomma. Un po’ gladiatore. Un po’ martire. Un po’ eroe, Pino Maniaci, 55 anni, pestato a sangue due giorni fa da Michele Vitale, 16 anni, uno dei figli di Vito Vitale, detto «fardazza», feroce capo mafia di Partinico, arrestato nel ’98 in quanto braccio armato di Totò Riina, non è un giornalista con il tesserino dell’ordine, non è neanche un pubblicista. Testimonianza vivente che non è il tesserino dell’ordine che fa il giornalista.

Certo. Ma con le sue 270 querele per diffamazione, Maniaci meriterebbe di ricevere a domicilio il tesserino «ad honorem». E se non lui chi se no?

Sono andato a trovarlo ieri pomeriggio. Fra una diretta e l’altra del suo tg, ho conosciuto la sua redazione, la sua televisione. La redazione? In tutto, a parte lui, due persone. Letizia, 23 anni, occhi azzurrissimi, scuola alberghiera interrotta. È figlia di Pino. Nel 2005, a Santa Venerina, le diedero il premio intitolato a Maria Grazia Cutuli, in quanto «simbolo e mascotte della graffiante redazione, erede di Radio Out, l’emittente legata all’impegno e al sacrificio di Peppino Impastato, militante di una informazione tesa a scovare e denunciare fatti e misfatti di notabili e mafiosi». Poi c’è Giovanni, 20 anni, studi interrotti dopo le medie. È l’altro figlio di Pino.

Ma certo che Letizia e Giovanni non sono né pubblicisti, né praticanti, né giornalisti. Figurarsi. Sono dei Maniaci, e questo può bastare. Faccio al gladiatore Pino Maniaci, la domanda che più banale non potrebbe essere, ma che di fronte al suo occhio pesto, nero e semichiuso, forse lo è di meno: «Ma non hai paura?». Certo che abbiamo paura, mi risponde. Ci mancherebbe. Ma sono decisioni che si prendono in famiglia. Io sono un irresponsabile. Sono irresponsabile due volte - ammette il gladiatore - perché oltre a essere coinvolto io è coinvolta la mia intera famiglia. Ma abbiamo deciso già da molto tempo: andiamo avanti.

Ma sua moglie che ne dice? E si inserisce Letizia: la mamma è la nostra badante, fa da balia a noi e all’intera televisione. Pino mi spiega che sono stati i figli, spontaneamente, a chiudere con gli studi per «starmi accanto». La famiglia Maniaci, 24 ore su 24, vive per tenere in vita la «sua» tv, raro esempio di «televisione comunitaria di partito», che ha come direttore responsabile Riccardo Orioles, che iniziò con «I Siciliani» di Giuseppe Fava.

«Telejato». Copre un area che è tutto un programma: Corleone, San Giuseppe Jato, Partinico. Una vallata che per Cosa Nostra da decenni non ha mai registrato crisi di vocazione. In totale, 22 comuni, per circa 150 mila abitanti. Se qui fosse misurato lo share, fra le 14 e 30 e le 16 e trenta, si scoprirebbe che due famiglie sue tre sono incollate al video per sentire il gladiatore, un po’ erede di Impastato, un po’ erede di Mauro Rostagno, un po’ erede del giornalismo vecchia maniera, alla Mauro De Mauro, alla Fava. La Procura di Palermo scoprì che dal suo covo di «Montagna Cavalli» a Corleone, dove poi sarebbe stato arrestato, Bernardo Provenzano non si perdeva mai il «telegiornale più lungo del mondo».

Direte: ma in tre come fanno? Intanto hanno una rete di una decina di informatori, tutti rigorosamente non giornalisti, disseminati nei comuni più caldi della vallata. E il gladiatore, con un pizzico di legittimo orgoglio, osserva che «se accade qualcosa nella zona, difficilmente sfugge a Telejato». No, non è un millantatore. Prova ne sia che furono loro per primi a dare la notizia del pentimento di Giusy Vitale, prima donna boss a essersi pentita, sorella proprio del «fardazza», e zia di Michele, il delinquentello che ha pestato Pino Maniaci (che per la cronaca, essendo minorenne, resta libero).

Prova ne sia che lunedì sono stati i primi, a notte fonda, a scoprire che esercito e polizia erano entrati nella vallata alla ricerca di un cimitero di Cosa Nostra; notizia che tutte le agenzie avrebbero ripreso il giorno dopo. A tale proposito, sia detto per inciso, si potrebbe improvvisare questo adagio: se i giornalisti non fanno più scoop, prima o poi gli scoop li faranno i non giornalisti.

Ma sapete perché Maniaci è stato pestato? Perché qualche mese fa ha invitato a Partinico i ragazzi palermitani di «Addio pizzo» e li ha portati davanti alle stalle (tutte abusive) dei Vitale. Insieme hanno piantato ai muri una decina di mattonelle con scritto: «Le stalle della vergogna». Tutto ripreso in diretta, ovviamente. E qualche giorno fa, il comune è intervenuto e le stalle sono state finalmente demolite. Ammetterete che i Vitale non hanno gradito.

Come da anni non gradisce la signora Antonina Bertolino, proprietaria della distilleria di alcool più grande d’Europa, e di distillerie sparse in mezzo mondo, soprannominata la «Signora delle Vinacce», che la Cassazione ha definitivamente condannato per inquinamento ambientale. La signora, di querela facile, sulle spalle del povero gladiatore, lei da sola, ne ha fatte piovere più di 200. Le altre provengono da politici e amministratori locali.

Pino, ma da piccolo che facevi? «Mio padre aveva un panificio a Montelepre e ho iniziato facendo il fornaio. Poi liceo classico, studi interrotti a Medicina. Per alcuni anni fui proprietario di una piccola impresa edile. Nel 1999, subentrai a Telejato, che la comunità europea aveva affidato a Rifondazione Comunista. Toti Costanzo, il segretario di Rifondazione a Partinico, non ce la faceva più a mandarla avanti e mi propose di prendere il suo posto».

Se Toti Costanzo avesse saputo il bel casino che il gladiatore avrebbe combinato nella vallata delle vipere mafiose...

(01/02/08)

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