domenica 25 maggio 2008

ESULTANZE INOPPORTUNE...

Non dire gatto se non ce l'hai nel sacco





Avv. Bongiorno esulta dopo la PRESCRIZIONE (NON ASSOLUZIONE!!!) del cliente GIULIO ANDREOTTI

PILLOLE PER LA MEMORIA

estinto per prescrizione = assolto ?

NON PROPRIO!!!


LA GIURIA PREMIA "IL DIVO" CON UNA PALMA, ALTRE VOLTE CON UNA PRESCRIZIONE (NON ASSOLUZIONE !!!)



Doppietta come non accadeva dal 1972, con l'ex aequo tra Rosi e Petri
La Palma d'oro assegnata a "Entre le murs" del francese Laurent Cantet

La giuria di Sean Penn premia l'Italia
riconoscimenti a 'Gomorra' e 'Il divo'


Napolitano: "Grande ritorno del nostro cinema ai momenti gloriosi della sua storia"

CANNES - Cannes torna a premiare il cinema italiano. E lo fa alla grande, anche se non con la Palma d'oro. Gomorra di Matteo Garrone ha ottenuto il Grand Prix e Il divo di Paolo Sorrentino il premio della giuria, oltre a quello per i valori tecnici. Il cinema di casa nostra ha quindi messo a segno una doppietta, un successo che riporta alla vittoria ex aequo del 1972, quando la Palma fu divisa tra Il caso Mattei di Francesco Rosi e La classe operaia va in paradiso di Elio Petri. In questa 61.esima edizione niente Palma d'oro ma i due giovani autori riportano l'Italia nel palmares dopo la Palma d'oro del 2001 di Nanni Moretti e del suo La stanza del figlio.

Il riconoscimento più ambito è andato quest'anno a Entre le murs del francese Laurent Cantet, una storia di adolescenza, educazione ed emarginazione nell'ambito scolastico. Erano 21 anni che la Palma d'oro non andava a una pellicola francese, da quando nel 1987 l'aveva vinta Sotto il sole di Satana di Maurice Pialat (nel 2002 aveva trionfato Il pianista, coproduzione franco-polacca). Quella di premiare Entre les murs è stata una decisione unanime, ha svelato Sean Penn definendo "stupefacente" il film di Cantet.

Come migliore attore è stato premiato Benico Del Toro per Che di Steven Soderbergh. Il riconoscimento epr la migliore interpetazione femminile è andato alla brasiliana Sandra Corveloni per Linha de passe di Walter Salles e Daniela Thomas. Quello per la regia al turco Nuri Bilge Ceylan per Le tre scimmie. Per la carriera sono stati premiati Catherine Deneuve e Clint Eastwood.

(25 maggio 2008) tratto da repubblica.it

ANCORA LEGATI A 'STO PONTE ?!

guarda che è per sempre...


PONTI NUOVI...PONTI VECCHI

Festa per i 125 anni del ponte di Brooklyn



La Grande Mela rende omaggio al ponte più famoso del mondo, inaugurato nel 1883 per unire Manhattan e Brooklyn attraverso l'East River.


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Ponte sullo Stretto: riparte progetto, prima pietra nel 2010

PILLOLE PER LA MEMORIA


"Ponte sullo Stretto
Vincerà Impregilo"


Telefonata intercettata prima dell'appalto: me l'ha detto Dell'Utri

di LUCA FAZZO e FERRUCCIO SANSA

MILANO - "La gara per il ponte sullo Stretto la vincerà Impregilo". Quando i pm di Monza hanno letto i brogliacci delle intercettazioni telefoniche sono rimasti colpiti. Il colloquio intercettato infatti si svolge tra Paolo Savona - al momento dell'intercettazione presidente di Impregilo, una delle due cordate in gara per il ponte - e Carlo Pelanda, economista e amico di Savona. Una frase che ha sollevato l'attenzione degli inquirenti anche perché al telefono Pelanda sostiene di avere saputo da Marcello Dell'Utri del probabile esito della gara per l'appalto più costoso mai assegnato in Italia. Sarebbe stato il senatore di Forza Italia a dare assicurazioni in tal senso. In effetti, il 13 ottobre la gara è stata vinta da Impregilo.

La frase di Pelanda a Savona viene captata per caso. I microfoni degli investigatori stavano registrando le conversazioni telefoniche dei vertici di Impregilo (oggi rinnovati) nell'ambito di un'inchiesta per falso in bilancio e false comunicazioni sociali che si trascina da tempo, e nella quale sono indagati a vario titolo Paolo Savona e Pier Giorgio Romiti, figlio dell'ex presidente di Fiat. Il sostituto procuratore Walter Mapelli e il suo capo, il procuratore di Monza Antonio Pizzi, al ponte non ci pensano nemmeno. Ma, a partire dalla fine dell'estate, molte delle comunicazioni registrate iniziano a riguardare proprio la gara: sono le settimane decisive, è in gioco l'appalto del secolo, un'opera da 3,88 miliardi di euro. In lizza sono rimasti soltanto due concorrenti, dopo il ritiro delle cordate straniere: Impregilo e Astaldi.

Per entrambi i concorrenti è una partita decisiva. L'affare è colossale sia che il ponte venga costruito, ma anche (o soprattutto, come sostengono in molti) che resti sulla carta, visto che il contratto prevede una penale stratosferica in caso di recesso da parte dello Stato (il 10 per cento dell'importo totale, cioè 388 milioni, più le spese già affrontate dal general contractor) dopo la definitiva approvazione dell'opera prevista per il 2006. Così le telefonate, i contatti a tutti i livelli sono incessanti. Nulla, però, di penalmente rilevante.

Poi arriva quella telefonata che gli investigatori ascoltano e riascoltano. Che passano ai pubblici ministeri. Pizzi e Mapelli si consultano a lungo sul da farsi. E alla fine, nel corso di un interrogatorio di Paolo Savona, gli domandano: "Il professor Pelanda le ha detto che voi avreste vinto la gara per il ponte. Come faceva a saperlo? E Marcello Dell'Utri che cosa c'entra?". Savona risponde: "Era una legittima previsione: Pelanda mi stava spiegando che noi eravamo obiettivamente il concorrente più forte". I pm di Monza, tuttavia, sono convinti di avere in mano altri elementi per nutrire qualche dubbio sulla gara di aggiudicazione.

Paolo Savona e Carlo Pelanda (economista ed editorialista del Foglio e del Giornale) si conoscono da anni, hanno scritto libri insieme, niente di strano che si sentano e che parlino anche del Ponte. Ma Pelanda chiama in causa il suo amico Marcello Dell'Utri, senatore di Forza Italia, stretto collaboratore di Berlusconi. Anche Pelanda e Dell'Utri si conoscono: Pelanda è stato presidente dell'associazione "Il Buongoverno", fondata proprio dal senatore.

In Procura c'è molta cautela: non si vuole danneggiare Impregilo, la più grande impresa della zona, soprattutto adesso che i vertici coinvolti nell'inchiesta sono cambiati. Ma da quelle parole e dagli altri elementi raccolti, il procuratore Antonio Pizzi (già noto per essersi occupato delle inchieste sul Banco Ambrosiano e le Bestie di Satana) potrebbe decidere di avviare un'inchiesta per turbativa d'asta. E se questa inchiesta venisse aperta nel fascicolo potrebbe comparire anche un altro nome importante: quello dell'ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga, che figura nei brogliacci delle intercettazioni per alcuni contatti con Pelanda. L'ex presidente e l'economista sono infatti in buoni rapporti. Pelanda è stato consigliere della Presidenza della Repubblica (mentre oggi risulta consulente del ministro della Difesa Antonio Martino).

A questo si riferiva lo stesso Cossiga quando, durante la puntata di Porta a Porta del 5 ottobre, ha rivelato: "Sono stato intercettato da un pm mentre parlo con un mio amico che brigava per ottenere gli appalti del Ponte".

tratto da repubblica.it

(3 novembre 2005)

Ponte sullo Stretto: riparte progetto, prima pietra nel 2010



2008-05-24

tratto da ansa.it (di Paolo Rubino)

ROMA - La prima pietra a metà del 2010, con l'obiettivo ambizioso di inaugurare il ponte sullo Stretto di Messina a inizio 2016: il nuovo governo vuole mantenere la promessa fatta in campagna elettorale e, tra le sue prime mosse, riavvia il progetto da 6 miliardi di euro. Il ministro Altero Matteoli, che muove i primi passi alla guida del ministero delle Infrastrutture e Trasporti, ha immediatamente riaperto il dossier, ha studiato le carte, ed in tempi brevissimi ha scritto a Pietro Ciucci, il presidente della società "Stretto di Messina" incaricata di seguire il progetto. Matteoli è chiarissimo: premette che per il governo il progetto è di "carattere prioritario" per indicare che "é pertanto necessario porre in essere nei tempi più brevi tutte le condizioni per la ripresa delle attività inerenti alla costruzione".

La società Stretto di Messina, controllata dall'Anas con l'81,8%, e partecipata anche da Rfi del gruppo Ferrovie e dalle Regioni Calabria e Siciliana (dopo il riassetto di due anni fa, quando era in mano a Fintecna), torna così a lavorare, lasciandosi alle spalle l'ipotesi di scioglimento che era stata valutata sotto il precedente governo. Per Pietro Ciucci, che indica i tempi ipotizzabili per la realizzazione del ponte, inaugurare il ponte nel 2016 è "un obiettivo impegnativo ma possibile". La lettera di Matteoli riavvia ufficialmente l'iter. E' ancora valido il contratto con Impregilo, la capofila della cordata che nel 2005 si è aggiudicata la gara per la realizzazione del ponte battendo i concorrenti guidati da Astaldi) con una offerta da 3,88 miliardi. "I contratti stipulati sono tutti validi", conferma Ciucci: "Sarà necessario un aggiornamento della convenzione che lega la società Stretto di Messina con il concedente, il ministero delle Infrastrutture". Occasione per "affinare il timing e aggiustare il piano di copertura economico finanziario", ed "il prossimo anno dare l'ordine di inizio attività al contraente generale Impregilo".

Viene così dissepolto il progetto considerato inserito tra le grandi opere della Legge Obiettivo dal precedente governo Berlusconi, poi congelato dal governo Prodi che nell'assegnazione delle risorse disponibili aveva preferito dare priorità ad altre opere, ed oggi rilanciato dal ritorno di Silvio Berlusconi a Palazzo Chigi. Un altro segnale delle determinazione del nuovo governo potrebbe arrivare, nei prossimi giorni, con una specifica "delega al ponte" ad un sottosegretario alle Infrastrutture: un incarico che dovrebbe andare a Giuseppe Reina, esponente del Movimento per l'Autonomia che ha improntato la campagna elettorale anche su questa promessa. Reina ha voluto, oggi, sgomberare il campo dall'ipotesi che ci potesse essere un problema nel reperimento di risorse. Ed in particolare, come riportato da indiscrezioni di stampa, che il dirottamento di risorse verso altri impieghi, come il taglio dell'Ici, potesse pregiudicare l'obiettivo di garantire tempi rapidi. "Le risorse di cui si parla - ha detto il sottosegretario - non potrebbero materialmente essere utilizzate ai fini della realizzazione sia del Ponte sia di altre opere infrastrutturali per le quali il pregresso governo ne aveva ipotizzato l'utilizzo. Le risorse che, al contrario, servono per la realizzazione del Ponte e quelle che occorreranno per le altre infrastrutture saranno trovate necessariamente e introdotte nella programmazione economica di questo governo".

sabato 24 maggio 2008

“L'operazione psicologica” dei diritti umani in Tibet



Pubblichiamo lo stralcio di un lungo articolo di Michel Chossudovsky sulla strumentalizzazione del tema dei diritti umani in Cina e Tibet
A questi links potete trovare l'intero articolo:
Cina e America: “l'operazione psicologica” dei diritti umani del Tibet Parte prima - Parte seconda


Fonte: Megachip

PsyOp: screditare il governo cinese

L'obiettivo di breve termine è screditare il governo cinese nei mesi che portano ai giochi olimpici di Pechino, usando la campagna del Tibet anche per distogliere l'opinione pubblica dalla guerra del Medio Oriente e dai crimini di guerra commessi da Stati Uniti, Nato e Israele. Vengono sottolineate le presunte violazioni dei diritti umani della Cina per depistare e offrire un volto umano agli Stati Uniti che guidano la guerra in Medio Oriente.

Gli Stati Uniti che in realtà hanno patrocinato piani di guerra diretti contro l'Iran trovano ora credito e giustificazione per l'inadempienza di Tehran alle richieste "della comunità internazionale"; con il Tibet che fa titolo, le vere crisi umanitarie nel Medio Oriente non vanno in prima pagina sui giornali.

Più generalmente, la questione dei diritti umani è distorta: le realtà sono invertite, gli enormi crimini commessi dagli Stati Uniti e dai loro partner di coalizione sono ora celati, ora giustificati come mezzi per proteggere la società contro i terroristi.

E' stato instaurato un "doppio standard" nell'accertamento delle violazioni dei diritti umani: in Medio Oriente, l'uccisione di civili è classificata come danno collaterale, ed è giustificata come parte della "guerra globale al terrorismo." Le vittime sono dichiarate responsabili per la loro propria morte.

La torcia olimpica

Nelle capitali occidentali sono state messe in atto manifestazioni calcolate con cura sulle violazioni dei diritti umani in Cina

Un parziale boicottaggio dei giochi olimpici sembra essere in preparazione. Bernard Kouchner, Ministro degli Esteri francese (strenuo protagonista degli interessi degli Stati Uniti, in rapporto con il Bilderbergs), ha chiesto un boicottaggio delle cerimonie inaugurali delle Olimpiadi. Kouchner ha affermato che l'idea dovrebbe essere discussa alla riunione dei Ministri degli Esteri dell'UE

La torcia olimpica è stata accesa in Grecia in una cerimonia che è stata turbata da "attivisti pro-Tibet." L'evento è stato patrocinato da "Reporter Senza Frontiere", un'organizzazione nota per avere collegamenti con l'intelligence degli Stati Uniti. "Reporter Senza Frontiere" riceve anche finanziamenti dalla Fondazione Nazionale per la Democrazia (NED).

La torcia olimpica è simbolica. L'operazione psicologica (PsyOp) consiste nel prendere come obiettivo la torcia olimpica nei mesi che portano ai giochi olimpici di Pechino: ad ogni fase di questo percorso, il governo cinese viene denigrato dai media occidentali.



Le implicazioni economiche globali

La campagna del Tibet, diretta contro il governo cinese, potrebbe avere dei contraccolpi.

Stiamo attraversando la crisi economica e finanziaria più seria della storia moderna. La crisi economica che sta sviluppandosi è soggetta a una diretta relazione con l'avventura militare patrocinata dagli Stati Uniti in Medio Oriente e nell'Asia Centrale

La Cina gioca un ruolo strategico rispetto all'espansionismo militare US. Finora non ha esercitato il suo potere di veto al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite sulle molte delibere dirette contro l'Iran presentate dagli Stati Uniti presso il CSNU.

venerdì 23 maggio 2008

ALTERNATIVA AL NUCLEARE: PERCHE' NON RISCOPRIRE IL BUON VECCHIO BRACIERE ?!

L'Albero Azzurro: Fusako e il fuoco

IL GOVERNO TORNA AL NUCLEARE, REAZIONI A CATENA

23/05/2008

Non tutti sono d'accordo a riprendere la strada del nucleare, come ha annunciato il ministro Scajola, ottenendo il consenso della Confindustria

mercoledì 21 maggio 2008

Berlusconi e' meglio 'e Pele'

21/05/2008

GOVERNO RIUNITO A NAPOLI, ANNUNCIATI CORTEI DI PROTESTA

Nove cortei sfileranno nella città mentre il consiglio dei Ministri si riunisce nel palazzo della prefettura





Mano de Dios

Governo Ombra: istruzioni per l’uso

Ombre cinesi



Governo Ombra: istruzioni per l’uso
di Renzo Butazzi

All'Istituto Nazionale di Meteorologia Politica si è tenuto un seminario sul Governo Ombra, tema di attualità nel nostro paese. Riportiamo i punti di maggiore interesse emersi durante i lavori.
Innanzi tutto un "governo ombra" non va confuso con un governo in esilio che, caso mai, può diventare "un'ombra" di governo, dove ombra è inteso in senso riduttivo. Un governo ombra non va mai in esilio. Solitamente si trasforma gradualmente nell'ombra di un governo ombra, fino a svanire come una bolla di sapone. La prima avvisaglia della sua incombente scomparsa, ha sottolineato un meteorologo politico, è il diffondersi della valutazione : "Ah, quel governo ombra...Ormai è l'ombra di se stesso."
Affinché possa nascere un governo ombra è necessario, ovviamente, che vi sia un governo sole. Un caso recente è quello del governo costituito e presieduto dall'onorevole Veltroni; esso, proclamandosi "ombra" del governo Berlusconi, ha riconosciuto, implicitamente, che questo era il governo sole.
Un governo ombra ha meriti pratici e funzioni psicologiche. Sul piano pratico non fa assolutamente niente e siccome "chi non fa, non falla", non può commettere alcun errore; il che, per un governo, non è merito da poco.
Sul piano psicologico il governo ombra ha una funzione curativa ed una ricreativa.
Costituisce un rimedio per chi è in crisi di astinenza governativa, al quale darà un certo sollievo. Poter dire "sono presidente di un governo ombra", "domani avremo una riunione di ministri ombra", probabilmente è come prendere un placebo: non cura ma dà l'impressione di sentirsi meglio. Con un certo cinismo, si potrebbe definire il governo ombra come il Metadone politico dei trombati.
La funzione ricreativa è analoga a quella dei giochi infantili di fantasia, cioè dei giochi avviati dalla proposta: "facciamo finta che...". I ragazzi ipotizzano di giocare ai tre moschettieri, alle guerre stellari, a poliziotti e banditi, mentre i ministri ombra potranno giocare al "facciamo finta che io sono il ministro dell'economia e tu quello della difesa?", "facciamo finta che dobbiamo decidere se andare o no in Iraq?, "si dice che io ho un tesoretto e tu vuoi prendermelo?", eccetera. Dunque un governo ombra dà la possibilità, ai ministri ombra, di svolgere attività ludiche rigeneranti e stimolare la fantasia, mantenendo attiva la mente.

Fin qui tutto è chiaro. La costituzione di un governo ombra presenta però anche problemi di natura formale. Tutti i ministri ombra sono uguali oppure il ministro ombra di un ministro sole senza portafoglio vale di meno? Un ministro ombra può avere un sottosegretario ombra, oppure tale sottosegretario non può esistere in quanto sarebbe ombra di un'ombra?
Se un ministro sole si dimette, il ministro ombra corrispondente è tenuto anche lui a dimettersi? Nel caso di un rimpasto nel governo sole il presidente del governo ombra dovrà fare altrettanto con i corrispondenti ministeri ombra?

Infine un problema formale ma sostanziale. Quale valore ha un governo ombra che si è autoproclamato e non è scaturito da istituzioni pertinenti? Non esistono, allo stato, né una costituzione ombra né un presidente ombra della Repubblica.
D'altra parte, con tanti aspiranti alla presidenza vera della Repubblica rimasti insoddisfatti,. trovarne uno che si presti, come presidente ombra, alla conferma del governo ombra non dovrebbe essere difficile. Come dovrebbe essere facile arrivare a una completa costituzione ombra, verso la quale sono già stati fatti numerosi passi avanti.
Il seminario si è concluso con l'auspicio che i promotori del governo ombra propongano, alla parte politica soleggiata, qualche riforma bipartisan in questo senso. Non dovrebbero trovare opposizione perché, secondo gli esperti, un governo ombra non si nega a nessuno. Proprio come un sigaro.

tratto da micromega-online

Italia senza una politica dell'immigrazione



L'eurodeputata rom Viktoria Mohacsi (Eldr) dopo la visita di due
giorni parlerà a Strasburgo, seduta plenaria del Parlamento europeo,
Commissione dei diritti umani. Parlerà di quello che ha visto in questi
due giorni visitando i campi rom tra Roma e Napoli. E lancerà contro
l'Italia un grave atto di accusa: violazione dei fondamentali diritti
umani, bambini di cui si sono perse le tracce, razzie notturne della
polizia. Vittoria Mohacsi, l'eurodeputato rom di origine ungherese è
arrivata in Italia venerdì sera inviata dal suo partito (Eldr) per
capire cosa sta succedendo in Italia tra annunci di deportazioni e di
rimpatri di massa. Ospite del Partito Radicale sabato ha visitato due
campi nella capitale (Castel Romano e Casilino 900, circa 1400 persone)
e domenica è stata Napoli, dove l'intolleranza verso i rom è emergenza
sociale e di sicurezza dopo gli incendi appiccati nel campo di
Ponticelli. "E' tutto bruciato, le persone sono state sfollate e messe
al sicuro durante la notte, una scena desolante" dice
l'europarlamentare ospite di un convegno dei Radicali nella sede di
Torre Argentina. Stasera pronuncerà il suo atto di accusa al momento
raccolto in appunti in un quaderno rosa a disegni cachemire. Il cahier
des dolehances si sviluppa lungo due direttrici. La prima di carattere
politico e denuncerà la "totale assenza" in Italia di una politica per
l'immigrazione. La seconda riguarda le denunce che gli stessi rom hanno
rappresentato all'europarlamentare europea.

La difficoltà di avere dati certi
Purtroppo, ha spiegato l'eurodeputata di origini rom, 33
anni e tre figli, "ho avuto molta difficoltà ad avere dati e numeri
attendibili sulla comunità rom in Italia" un fatto grave di per sè
perchè dimostra che c'è scarsa conoscenza del fenomeno. Le informazioni
più certe sono state fornite dall'Opera nomadi: "In Italia ci sono
circa 200 mila rom di varie etnie di cui solo 80 mila sono residenti in
Italia. Degli altri centoventimila la maggioranza sono semillegali.
Soprattutto non esistono dati su quale era la situazione prima
dell'ingresso nella Ue di Romania e Bulgaria" i paesi dove vive la
maggior concentrazione rom. Il problema vero è che di tutte queste
persone non esiste una banca dati che dica da quanto tempo sono qui, la
nazionalità, manca un identikit della comunità.

"L'Italia non ha una politica sull'immigrazione"
L'assenza di dati certi dimostra che manca
il presupposto per la soluzione di ogni problema: la conoscenza.
"L'Italia non ha una politica sull'immigrazione, non ha mai
riconosciuto i rom neppure come minoranza linguistica e non ha una
politica per le minoranze etniche. Ho incontrato persone che vivono qui
anche da quaranta anni e ancora non hanno uno straccio di documento".
Secondo Mohacsi la politica dell'Italia con gli stranieri è "assurda":
"Non si base su legami geografici ma su vincoli di sangue (la
cittadinanza viene data non in base allo ius soli ma in base allo ius
sanguinis ndr); molti dei 120 mila senza documenti hanno ancora
passaporti con la dicitura Jugoslavia che tutti sappiamo non esistere
più". Adesso la politica del governo sembra orientarsi verso i rimpatri
di massa ma "la maggior parte di queste persone non ha patria. Sono
cittadini europei che sarebbero trasbordati da un posto all'altro. Fare
quello che vuol fare l'Italia significa solo spostare il problema".
L'Italia "non riconosce agli immigrati i diritti fondamentali:
l'istruzione, la casa, l'assistenza sociale e sanitaria". Questo
stasera Mohacsi dirà a Strasburgo.

"Si sentono come se fossero a Auschwitz"
I campi sono in condizioni "orribili" , le persone vivono
in baracche di lamiere, in mezzo ai rifiuti e ai topi, senza acqua
corrente e senza luce. "Non ci sono servizi di alcuno tipo nelle
vicinanze - racconta l'europarlamentare - . A Castel Romano su mille
persone, 5 forse 6 hanno la cittadinanza. Una donna mi ha detto che si
sente come se fosse ad Auschwitz...". Una citazione che non deve
sembrare casuale. Durante la seconda guerra mondiale furono uccisi 500
mila zingari vittime del reich e dei folli progetti di dominazione
razziale. Molti di loro furono deportati e sterminati proprio ad
Auschwitz. Nella lingua gitana si chiama Porrajmos, significa
"divoramento" e indica la persecuzione.

"Le razzie dei poliziotti"
Nel suo viaggio nei campi Mohacsi ha soprattutto ascoltato. "Al campo
Casilino 900 - dice - mi hanno raccontato che ogni 3 o 4 giorni verso
mezzanotte arrivano pattuglie di poliziotti in divisa e armati. Non
chiedono nulla, semplicemente picchiano. Ogni volta portano via circa
20 persone che scompaiono per 48 ore. Li tengono in celle dove vengono
picchiati. Poi li rilasciano. Mi è stato assicurato che chi viene
portato via non ha precedenti e non è ricercato".

"I bambini scomparsi"
E' un altro punto agghiacciante del resoconto che
l'eurodeputata farà a Strasburgo. "A Napoli la situazione è ancora
peggiore. L'avvocato dell'Opera nomadi mi ha detto che da due anni sono
state perse le tracce di dodici bambini accusati di accattonaggio.
Questi ragazzini sembrano spariti nel nulla, non esiste neppure un
pezzo di carta. Ho incontrato un nonno di 60 anni disperato perchè non
sa più nulla di suo nipote". Se ribatti che i minori vengono spesso
usati dai genitori per rubare, scippare, furti in casa, una vera e
propria piaga, la risposta di Mohacsi è: "Bisogna punire chi delinque e
tenerlo in carcere. Non far sparire i bambini".

"Chi indaga sulle molotov?"
Dopo il fatto della ragazza di 16 anni accusata di voler
rapire un bambino, le razzie dei poliziotti "sono aumentate". "Ho
chiesto - insiste Mohacsi - tramite l'avvocato dell'Opera nomadi cosa
la giustizia stesse facendo e mi ha detto che non risultano inchieste.
Nè sulla ragazza accusata di voler sequestrare un bambino, nè su chi ha
lanciato le molotov contro i campi e li ha incendiati".

"L'Italia chiede i fondi Ue"
L'eurodeputato sa di maneggiare una questione
difficile, scivolosa e delicata. Sa che quella dei rom è "un'emergenza
sociale" in tutta Europa. Ma occorre tentare, provare a distinguere il
bene dal male, il buono dal cattivo. Guai generalizzare. Provarci è un
obbligo per un paese civile. "Alcuni paesi come Repubblica Ceca,
Spagna, Romania, Bulgaria hanno ottenuto 250 milioni di euro dalla Ue
per i progetti di integrazione delle popolazioni rom. Perchè l'Italia
non ha mai chiesto l'accesso a questi finanziamenti?". Perchè serve un
progetto. E forse non c'è mai stato.

martedì 20 maggio 2008

Io chiedo scusa



di Don Luigi Ciotti
Presidente del «Gruppo Abele» e di «Libera - associazioni, nomi e numeri contro le mafie»

Cara signora,
ho visto questa mattina, sulle prime pagine di molti quotidiani, una foto che La ritrae. Accovacciata su un furgoncino aperto, scassato, uno scialle attorno alla testa. Dietro di Lei si intravedono due bambine, una più grande, con gli occhi sbarrati, spaventati, e l´altra, piccola, che ha invece gli occhi chiusi: immagino le sue due figlie. Accanto a Lei la figura di un uomo, di spalle: suo marito, presumo. Nel suo volto, signora, si legge un´espressione di imbarazzo misto a rassegnazione. Vi stanno portando via da Ponticelli, zona orientale di Napoli, dove il campo in cui abitavate è stato incendiato. Sul retro di quel furgoncino male in arnese - reti da materasso a fare da sponda - una scritta: "ferrovecchi".

Le scrivo, cara signora, per chiederLe scusa. Conosco il suo popolo, le sue storie. Proprio di recente, nei dintorni di Torino, ho incontrato una vostra comunità: quanta sofferenza, ma anche quanta umanità e dignità in quei volti.

Nel nostro Paese si parla tanto, da anni ormai, di sicurezza. È un´esigenza sacrosanta, la sicurezza. Il bisogno di sicurezza ce lo abbiamo tutti, è trasversale, appartiene a ogni essere umano, a ogni comunità, a ogni popolo. È il bisogno di sentirci rispettati, protetti, amati. Il bisogno di vivere in pace, di incontrare disponibilità e collaborazione nel nostro prossimo. Per tutelare questo bisogno ogni comunità, anche la vostra, ha deciso di dotarsi di una serie di regole. Ha stabilito dei patti di convivenza, deciso quello che era lecito fare e quello che non era lecito, perché danneggiava questo bene comune nel quale ognuno poteva riconoscersi. Chi trasgrediva la regola veniva punito, a volte con la perdita della libertà. Ma anche quella punizione, la peggiore per un uomo - essendo la libertà il bene più prezioso, e voi da popolo nomade lo sapete bene - doveva servire per reintegrare nella comunità, per riaccogliere. Il segno della civiltà è anche quello di una giustizia che punisce il trasgressore non per vendicarsi ma per accompagnarlo, attraverso la pena, a un cambiamento, a una crescita, a una presa di coscienza.
Da molto tempo questa concezione della sicurezza sta franando. Sta franando di fronte alle paure della gente. Paure provocate dall´insicurezza economica - che riguarda un numero sempre maggiore di persone - e dalla presenza nelle nostre città di volti e storie che l´insicurezza economica la vivono già tragicamente come povertà e sradicamento, e che hanno dovuto lasciare i loro paesi proprio nella speranza di una vita migliore.

Cercherò, cara signora, di spiegarmi con un´immagine. È come se ci sentissimo tutti su una nave in balia delle onde, e sapendo che il numero delle scialuppe è limitato, il rischio di affondare ci fa percepire il nostro prossimo come un concorrente, uno che potrebbe salvarsi al nostro posto. La reazione è allora di scacciare dalla nave quelli considerati "di troppo", e pazienza se sono quasi sempre i più vulnerabili. La logica del capro espiatorio - alimentata anche da un uso irresponsabile di parole e immagini, da un´informazione a volte pronta a fomentare odi e paure - funziona così. Ci si accanisce su chi sta sotto di noi, su chi è più indifeso, senza capire che questa è una logica suicida che potrebbe trasformare noi stessi un giorno in vittime.

Vivo con grande preoccupazione questo stato di cose. La storia ci ha insegnato che dalla legittima persecuzione del reato si può facilmente passare, se viene meno la giustizia e la razionalità, alla criminalizzazione del popolo, della condizione esistenziale, dell´idea: ebrei, omosessuali, nomadi, dissidenti politici l´hanno provato sulla loro pelle.

Lo ripeto, non si tratta di "giustificare" il crimine, ma di avere il coraggio di riconoscere che chi vive ai margini, senza opportunità, è più incline a commettere reati rispetto a chi invece è integrato. E di non dimenticare quelle forme molto diffuse d´illegalità che non suscitano uguale allarme sociale perché "depenalizzate" nelle coscienze di chi le pratica, frutto di un individualismo insofferente ormai a regole e limiti di sorta. Infine di fare attenzione a tutti gli interessi in gioco: la lotta al crimine, quando scivola nella demagogia e nella semplificazione, in certi territori può trovare sostenitori perfino in esponenti della criminalità organizzata, che distolgono così l´attenzione delle forze dell´ordine e continuano più indisturbati nei loro affari.

Vorrei però anche darLe un segno di speranza. Mi creda, sono tante le persone che ogni giorno, nel "sociale", nella politica, nella amministrazione delle città, si sporcano le mani. Tanti i gruppi e le associazioni che con fatica e determinazione cercano di dimostrare che un´altra sicurezza è possibile. Che dove si costruisce accoglienza, dove le persone si sentono riconosciute, per ciò stesso vogliono assumersi doveri e responsabilità, vogliono partecipare da cittadini alla vita comune.

La legalità, che è necessaria, deve fondarsi sulla prossimità e sulla giustizia sociale. Chiedere agli altri di rispettare una legge senza averli messi prima in condizione di diventare cittadini, è prendere in giro gli altri e noi stessi. E il ventilato proposito di istituire un "reato d´immigrazione clandestina" nasce proprio da questo mix di cinismo e ipocrisia: invece di limitare la clandestinità la aumenterà, aumentando di conseguenza sofferenza, tendenza a delinquere, paure.

Un´ultima cosa vorrei dirLe, cara signora. Mi auguro che questa foto che La ritrae insieme ai Suoi cari possa scuotere almeno un po´ le nostre coscienze. Servire a guardarci dentro e chiederci se davvero questa è la direzione in cui vogliamo andare. Stimolare quei sentimenti di attenzione, sollecitudine, immedesimazione, che molti italiani, mi creda - anche per essere stati figli e nipoti di migranti - continuano a nutrire.

La abbraccio, dovunque Lei sia in questo momento, con Suo marito e le Sue bambine. E mi permetto di dirLe che lo faccio anche a nome dei tanti che credono e s´impegnano per un mondo più giusto e più umano.

domenica 18 maggio 2008

Il governo delle espulsioni



di Alessandro Dal Lago

Fonte: il Manifesto - 11/05/2008

Le prime uscite del governo di destra in materia di rapporti con il resto del mondo sembrano all'insegna del puro dadaismo (Libano, Libia). Come se non bastasse, Maroni ha deciso di risolvere il «problema immigrazione» con misure che, se attuate, metteranno in rotta di collisione l'Italia con la Romania e l'Unione europea.
Ma andiamo con ordine. Tutto nasce ovviamente dalla celebre favola post-moderna e mediale dell'insicurezza causata dagli stranieri. Benché l'Istat abbia rivelato, una settimana fa, che l'Italia è uno dei paesi più sicuri d'Europa, per non parlare del mondo, in termini di omicidi e reati gravi, è chiaro che la destra vuole dare soddisfazione alla Lega e a un'opinione pubblica, di destra e di centro-sinistra, ossessionata dagli scippi. E quindi, oltre a misure draconiane apparentemente per tutti (dieci anni di carcere per un furto in appartamento, punizione esemplare delle «minacce» ecc.), ecco l'introduzione del reato di clandestinità, il giro di vite sui cittadini europei di nazionalità rumena e sui Rom. Tutti da espellere. Per non parlare del periodo massimo di 18 mesi nei Cpt, una misura «europea» fortissimamente voluta dal commissario Frattini.
Se davvero le misure annunciate fossero queste, il sistema poliziesco-carcerario esploderebbe in poco tempo. Per cominciare, chi sono i «clandestini»? Forse, sconosciuti piovuti dal cielo, giunti in Italia nelle stive delle navi mercantili o nelle toilette dei treni? No, semplicemente quelli, in grandissima maggioranza conosciuti, divenuti irregolari perché hanno perso il permesso di soggiorno o perché non hanno ottenuto asilo. Gente che era regolare e oggi non lo è più, oppure lo è ancora ma domani potrebbe non esserlo. Quindi, un numero enorme, fluttuante, variabile. Espellere davvero tutti costoro vorrebbe mettere sulle loro tracce tutte le forze di polizia, distogliendole da altri compiti. Riempire le prigioni che oggi scoppiano esattamente come prima dell'indulto, oppure moltiplicare per dieci i Cpt. Insomma creare una sorta di universo concentrazionario in un clima di paranoia e di terrore tra i migranti. Dubitiamo che persino un governo in cui sono ministri Calderoli, Bossi e Maroni creda davvero a questa storia. A meno che, come sembra più probabile, le misure abbiano il semplice senso, una volta di più, di terrorizzare gli stranieri perché lavorino senza alzare la testa, si facciano vedere il meno possibile tra noi e non avanzino la richiesta di alcun diritto.
E i romeni? A parte il fatto che la sospensione del trattato di Schengen è ammessa solo per periodi limitati, e quindi la chiusura delle frontiere solo a loro è poco più di una barzelletta, come la prenderà il governo di Bucarest? A tutti quelli che straparlano di espulsioni bisognerebbe ricordare che le imprese italiane prosperano in Romania, e che quindi eventuali e possibili misure di ritorsione colpirebbero proprio quella piccola impresa del nord est che ha colonizzato intere province rumene alla ricerca di lavoro a basso costo.
E i rom? A parte quelli bosniaci o serbi, per i rom di nazionalità rumena valgono le stesse considerazioni. Se davvero l'Italia cominciasse a rastrellarli e a espellerli, anche il resto dell'Ue avrebbe molto da dire. A meno che i funzionari dei Ministeri degli interni e degli esteri non facciano rinsavire i nostri brillanti statisti, è inevitabile che il governo vada in cerca di guai internazionali.
Ma questa non è una consolazione per nessuno. La verità probabile è che tutte queste misure (o una loro versione più edulcorata), anche se in gran parte inattuali o inattuabili, provocheranno una lesione virtuale e reale dei diritti umani per centinaia di migliaia di persone, che saranno alla mercé della polizia ogni volta che l'opinione pubblica si sentirà in preda al panico. La vita già precaria degli stranieri sarà sotto un'incessante minaccia di carcerazione e di espulsione. E mentre Gheddafi userà i migranti per estorcere più denaro, o magari la famosa autostrada costiera, al governo italiano, nessuno osa immaginare che ne sarà di quelli che arrivano a Lampedusa o Agrigento. Su questa stretta che si annuncia, chissà che farà il governo ombra o Di Pietro. Visto come il Pd ha impostato la campagna elettorale, quella che temiamo è proprio la collaborazione.

lunedì 12 maggio 2008

ELEZIONI UNIVERSITARIE 2008 : OFFICINA SI CANDIDA!

Totò_ Gli Onorevoli



MERCOLEDI' 14 maggio 2008 si terranno le elezioni per il rinnovo del Consiglio degli Studenti e della componente studentesca dei Consigli di Facoltà.
OFFICINA partecipa presentando cinque candidati.

Per il Consiglio degli Studenti:
- Giulia Gioachin
- Antonio Iannì
- Vito Todeschini

Per il Consiglio di Facoltà:
- Giulia Callegari
- Giulia Gioachin
- Jacopo Marchini

# si vota MERCOLEDI' 14 MAGGIO, i seggi resteranno aperti presso ogni facoltà dalle ore 09:00 alle ore 19:00

# per votare l'elettore deve recarsi al seggio con un DOCUMENTO D'IDENTITA' VALIDO

# NB: L’elettore può esprimere MASSIMO DUE PREFERENZE PER OGNI ORGANO

Se avete apprezzato le nostre iniziative, vi chiediamo di sostenerci anche in queste elezioni. Ciò che vogliamo promuovere all'interno dei consessi accademici è l'istanza di partecipazione che da sempre portiamo avanti: vogliamo essere attivi nella e protagonisti della vita universitaria; vogliamo che l'amministrazione dell'Ateneo sia più trasparente nei confronti degli studenti e che ad essi sia data la possibilità di conoscere ciò che accade all'interno degli organi decisionali.

clicca qui per il nostro programma

OFFICINA - PER UN'UNIVERSITA' PARTECIPATA

sabato 10 maggio 2008

ELEZIONI UNIVERSITARIE MERCOLEDI' 14 MAGGIO 2008_ VADEMECUM PER L'ELETTORE



ELEZIONI UNIVERSITARIE 2008

si vota per eleggere i RAPPRESENTANTI DEGLI STUDENTI
nei CONSIGLI DI FACOLTA' e nel CONSIGLIO DEGLI STUDENTI

si vota MERCOLEDI' 14 MAGGIO

i seggi resteranno aperti presso ogni facoltà
dalle ore 09:00 alle ore 19:00

per votare l'elettore deve recarsi al seggio
con un DOCUMENTO D'IDENTITA' VALIDO

Grazie!

Per ulteriori informazioni clicca qui.

martedì 6 maggio 2008

INCONTRO CON I CANDIDATI PER GIURISPRUDENZA

Rino Gaetano - Capofortuna



ELEZIONI STUDENTESCHE 2008

Libra - giornale dell’Università di Ferrara

INCONTRO CON I CANDIDATI PER GIURISPRUDENZA

alle elezioni studentesche del 14 maggio

VIENI A CONOSCERE CHI DIFENDERA’ I TUOI INTERESSI!

Tutti gli studenti sono invitati a pertecipare

7 MAGGIO 2008 - ORE 16:30 - AULA 11 Giurisprudenza

Seguirà libero dibattito

per la locandina clicca qui.

domenica 4 maggio 2008

ELEZIONI UNIVERSITARIE MERCOLEDI' 14 MAGGIO 2008_ VADEMECUM PER L'ELETTORE



ELEZIONI UNIVERSITARIE 2008

si vota per eleggere i RAPPRESENTANTI DEGLI STUDENTI
nei CONSIGLI DI FACOLTA' e nel CONSIGLIO DEGLI STUDENTI

si vota MERCOLEDI' 14 MAGGIO

i seggi resteranno aperti presso ogni facoltà
dalle ore 09:00 alle ore 19:00

per votare l'elettore deve recarsi al seggio
con un DOCUMENTO D'IDENTITA' VALIDO

Grazie!

Per ulteriori informazioni clicca qui.

giovedì 1 maggio 2008

MORTI BIANCHE: LE PROMESSE DELLA POLITICA




"...una volta al circolo dei minatori venne un deputato
nazionale, ascoltò i salinari, raccontavano miseria e
l'onorevole chiudeva gli occhi come in preda ad indicibile
sofferenza, infine diede un calcio al tavolo dicendo che
perdio, bisognava fare qualcosa; dal tavolo cadde una
lampada che andò in pezzi, l'onorevole promise grandi cose,
ai minatori toccò comprare una lampada nuova."


(da "Le Parrocchie di Regalpetra" di Leonardo Sciascia )

La risposta del legislatore al problema delle morti sul lavoro: INDULTO!!!


Indulto, "Eternit pronta a risarcire ma poi ha fatto marcia indietro"

tratto da repubblica.it

di MARCO TRAVAGLIO (25 luglio 2006)

TORINO - Non ci sono soltanto i reati finanziari e quelli di Tangentopoli. Ci sono anche i caduti sul lavoro. E le malattie professionali. E i morti da amianto: 3 mila soltanto per gli stabilimenti Eternit. L'indulto, e ancor di più l'amnistia prossima ventura, rischiano di mandare in fumo il maxiprocesso che si aprirà l'anno prossimo a Torino contro i big boss della multinazionale svizzera: fra questi, il "Berlusconi elvetico" Stephan Schmidheiny, il fratello Tomas (assistito da Carlo Malinconico, segretario generale di Palazzo Chigi) e il loro socio belga, barone Louis De Cartier de Marchienne.

Insieme a una decina di dirigenti e amministratori dei cinque stabilimenti italiani (Cavagnolo, Casale Monferrato, Reggio Emilia, Bagnoli e Siracusa), che dal 1906 fino a vent'anni fa hanno avvelenato la vita a migliaia di lavoratori e cittadini comuni, i tre magnati devono rispondere di disastro doloso e di un'infinità di omicidi colposi. Grazie all'indulto, difficilmente finiranno mai in carcere (anche se condannati a 6 anni, scenderebbero a 3 e otterrebbero l'affidamento ai servizi sociali, cioè resterebbero a piede libero).

Grazie all'amnistia di 5 anni, annunciata per la ripresa autunnale, non verserebbero nemmeno un euro alle vittime e ai loro familiari. E dire che, fino a due settimane fa, i legali degli indagati e delle parti lese erano a un passo dall'accordo per un cospicuo risarcimento ai malati e ai parenti dei morti. Poi, in seguito a una strana telefonata, tutto è sfumato.

"E' accaduto due settimane fa a Lugano", racconta a Repubblica l'avvocato Sergio Bonetto, che insieme al collega genovese Paolo Pissarello rappresenta 800 vittime. "Eravamo riuniti col liquidatore della Bacon, la società che controllava gli stabilimenti italiani della Eternit. Per tre ore abbiamo discusso, incontrando ampia disponibilità dei rappresentanti indiretti della famiglia Schmidheiny a riconoscere i danni e a rifonderli in misura accettabile. Prima d'impegnarsi nero su bianco, il liquidatore ha chiesto di fare una telefonata ed è uscito.

E' rientrato un'ora e mezza dopo, scuro in volto: "Scusate - ci ha detto - ma mi hanno appena revocato il mandato. Dicono di avere avuto la garanzia che entro l'anno arriverà l'amnistia". Non ci è rimasto altro che alzarci e andarcene. Ora, a settembre, nella riunione periodica con i malati e i parenti delle vittime, dovremo comunicare la triste notizia: se passa l'amnistia, nessuno vedrà un soldo di danni".

E l'indulto? "Beh - osserva l'avvocato - la prospettiva di uno sconto di pena così rilevante anche per reati tanto gravi come l'omicidio colposo da amianto, che provoca il mesotelioma pleurico, l'asbestosi, il carcinoma polmonare non solo in chi lavora negli stabilimenti, ma anche in chi abita nelle vicinanze, è un'ulteriore garanzia di sostanziale impunità. Se penso alla fatica che abbiamo fatto per raccogliere le carte che inchiodano l'Eternit, le perizie, le testimonianze, sfidando il potere di quelle potentissime lobby... E se penso che, solo a Casale, si scoprono ancor oggi 35-40 nuovi casi di mesotelioma all'anno...".

L'inchiesta Eternit, coordinata dal procuratore aggiunto Raffaele Guariniello, è in dirittura d'arrivo: dovrebbe concludersi, con le consulenze tecniche e gli studi epidemiologici, entro fine anno. Ma se, in dibattimento, dovesse cadere l'ipotesi più grave e difficile da dimostrare - il disastro doloso - le eventuali condanne per gli altri reati rientrerebbero facilmente nei 3 anni dell'indulto.

Non basta. L'avvocato Bonetto è parte civile anche in un altro processo, che inizierà a Torino il 7 ottobre: quello a carico degli ex vertici di Fiat Auto (68 manager e dirigenti, da Paolo Cantarella e Roberto Testore in giù), rinviati a giudizio per lesioni colpose gravi o gravissime nei confronti di 187 operai delle carrozzerie Mirafiori. Il processo mette in discussione l'organizzazione dei ritmi di produzione, che avrebbero causato nei lavoratori varie "sindromi da sforzo ripetuto" alle mani, alle spalle e alle braccia. Accuse gravi, ma punite con pene molto basse, certamente inferiori ai 3 anni "tagliati" dall'indulto.

Il procuratore Guariniello, che coordina il pool "Salute e sicurezza", prevede un colpo di spugna pressoché totale di gran parte dei suoi processi anche per i reati ambientali, per il doping e per la tutela consumatori. Come quelli a carico delle multinazionali Bayer e Glaxo, per i presunti danni alla salute provocati da farmaci come il Lipobay e il Lanoxin. Per questi reati, oggi, in carcere non c'è nessuno. Grazie all'indulto, non ci entrerà nessuno nemmeno in futuro.

MORTI BIANCHE : LA PAROLA AI SINDACATI

01/05/2008 13:53:03
I SINDACATI IN CORTEO A RAVENNA : BASTA MORTI BIANCHE

I segretari generali di Cgil Cisl e Uil alla manifestazione del Primo maggio

IPOCRISIE BIANCHE



IPOCRISIE BIANCHE tratto da lavoce.info

di Tito Boeri e Pietro Ichino* 16.04.2007

In occasione della festa dei lavoratori si è tornato a parlarne. Ma sulle morti bianche si dicono e scrivono una marea di ipocrisie. E' un problema di lunga data del nostro paese, non un'emergenza degli ultimi giorni. Affrontarlo con nuove leggi non serve, perché nasce dalla disapplicazione delle leggi già in vigore, peraltro allineate a quelle di paesi con il numero più basso di incidenti mortali sul lavoro. Se il sindacato non si fosse opposto a suo tempo alla riconversione del personale del collocamento, avremmo ora un corpo di ispettori del lavoro in grado di effettuare molti più controlli. Si è ancora in tempo di farlo, basta che il sindacato lo consenta.

Sulle morti bianche si dicono e scrivono una marea di ipocrisie. E' un problema di lunga data del nostro paese, non un'emergenza degli ultimi giorni. Affrontarlo con nuove leggi non serve, perché nasce dalla disapplicazione delle leggi già in vigore, peraltro allineate a quelle di paesi con il numero più basso di incidenti mortali sul lavoro. Se il sindacato non si fosse opposto a suo tempo alla riconversione del personale del collocamento, avremmo ora un corpo di ispettori del lavoro in grado di effettuare molti più controlli. Si è ancora in tempo di farlo, basta che il sindacato lo consenta.

Un’emergenza da anni, non da venerdì scorso

Molti politici sembrano essersene accorti solo sabato scorso quando i giornali hanno dato ampio risalto alle quattro morti bianche avvenute il giorno prima. Ma è da anni che in Italia c’è un più alto numero di incidenti mortali sul lavoro che negli altri paesi europei con un livello di reddito pro capite comparabile al nostro. Le statistiche non sono strettamente comparabili perché in paesi con un forte settore informale, molte morti bianche vengono fatte passare come incidenti automobilistici. Ad esempio, è noto che in molti cantieri irregolari, le vittime di incidenti mortali vengono portate ai bordi di una strada, fingendo che siano state investite da una macchina.
In ogni caso, le statistiche disponibili (fonte Bls, Eurostat e Ilo) dicono che in Italia ci sono ogni anno sei incidenti mortali ogni 100mila lavoratori, sei volte l’incidenza i questi incidenti nel Regno Unito, quattro volte la Svezia, due volte la Germania. Il divario negativo esiste da decenni, non è certo un fatto recente. Semmai, l’incidenza degli infortuni mortali, soprattutto se escludiamo quelli avvenuti a bordo di un mezzo di trasporto nel corso del lavoro, è fortemente diminuita negli ultimi dieci anni. Non tanto perché si sia trovato un modo più efficace per affrontare il problema quanto, perché è diminuita in Italia la quota di lavoratori in agricoltura, edilizia e trasporti: i tre settori in cui si concentra il più alto numero di infortuni. E l’automatizzazione ha progressivamente assorbito molte operazioni manuali.

Non è un problema di leggi, ma di controlli

Da più parti è stata invocata negli ultimi giorni la rapida approvazione di una nuova legge contro gli infortuni sul lavoro. Ma la legislazione italiana attuale è stata allineata nel corso degli anni '90 agli standard comunitari, considerati i migliori su scala mondiale. Nessuna legge, comunque, potrà mai affrontare in modo efficace il problema delle morti bianche finchè le normative di sicurezza continueranno a essere largamente disapplicate, come lo sono oggi in Italia. Il problema vero è quello dei controlli sull’applicazione delle norme di sicurezza nella vasta area dell’economia sommersa e anche in molte imprese cha agiscono alla luce del sole, ma in cui c’è un insufficiente radicamento della cultura della sicurezza. I controlli richiedono una presenza più capillare degli ispettori su tutto il territorio. Per quel che riguarda gli ispettori del lavoro, il loro organico ammonta a circa duemila ispettori, che sono stati negli ultimi anni quasi tutti promossi (quasi il 50 per cento ha oggi l'inquadramento più alto contro il 10 per cento che lo aveva nel 2000). Il che riduce il numero di quelli che operano quotidianamente nel vivo del tessuto produttivo. E sono sotto organico anche i servizi di ispezione anti-infortunistica delle ASL.

Le responsabilità del sindacato

È difficile dare torto al segretario generale della Cgil Guglielmo Epifani quando dice che ogni morte bianca è una sconfitta del sindacato, ma al tempo stesso denuncia che "resta irrisolto il problema degli ispettori del lavoro" e in particolare della grave insufficienza dei loro organici. (1) Va, però, anche detto che all’insufficienza degli organici degli ispettorati del lavoro e delle ASL hanno contribuito e contribuiscono in modo determinante le rigidità caratteristiche dell’impiego statale. Quando, dieci anni or sono, in ossequio a una sentenza della Corte di giustizia europea, la legge Treu ha abolito il monopolio statale dei servizi di collocamento, è stata subito rilevata la sovrabbondanza degli organici addetti ai vecchi uffici di collocamento – circa ottomila impiegati – e l’opportunità di un trasferimento di gran parte di essi agli ispettorati del lavoro, i cui organici erano già gravemente insufficienti (allora circa 1500 ispettori sull’intero territorio nazionale). Logica avrebbe voluto che almeno due terzi, se non tre quarti, dei "collocatori" – di fatto inutili per l’incontro fra domanda e offerta di lavoro - venissero prontamente trasferiti agli ispettorati delle rispettive città. Se questo non è avvenuto, lo si deve alla paralisi di quel potere di trasferimento, che la legge attribuisce al management pubblico con una norma identica a quella vigente nel settore privato, ma che nel settore pubblico i sindacati di fatto consentono di esercitare soltanto mediante accordo con i rappresentanti locali dei lavoratori, cioè soltanto quando i singoli lavoratori accettano di trasferirsi.

L’inamovibilità dei "collocatori"

L’operazione di trasferimento dei collocatori agli ispettorati avrebbe potuto essere compiuta senza alcun grave sacrificio per loro, salvo quello di dover frequentare un corso di riqualificazione e incominciare a svolgere una funzione veramente utile e impegnativa. Il sovradimensionamento degli uffici del lavoro meridionali avrebbe consentito un corrispondente maggiore rafforzamento degli ispettorati proprio nelle regioni dove il lavoro nero è più diffuso e dove il tasso di disapplicazione della legge è più alto. Senonché questa operazione è stata impedita dall’inamovibilità di fatto degli impiegati pubblici, efficacemente presidiata, come sempre, dai sindacati del settore. Settemila statali addetti agli uffici di collocamento sono stati, sì, trasferiti con il decreto legislativo n. 469/1997: ma solo nominalmente, nel senso che quel decreto ha imposto la sostituzione sulla porta dei loro uffici della denominazione di "ufficio statale del lavoro" con quella di "ufficio regionale", poiché la funzione del collocamento veniva, appunto, decentrata alle Regioni. E, a scanso di equivoci, su pressante richiesta dei sindacati del settore, quello stesso decreto si premurava di precisare che struttura e funzione degli uffici avrebbero dovuto rimanere inalterate.

Quali sono le vere priorità del sindacato?

Ora Epifani e gli altri dirigenti sindacali confederali giustamente chiedono un rafforzamento degli organici degli ispettorati. Operazione sacrosanta; e attuabile con costi davvero ridottissimi per l’erario. A condizione che le confederazioni stesse consentano di fare oggi ciò che i loro sindacati di settore non consentirono di fare dieci anni fa. Per quel che riguarda gli ispettorati del lavoro, si tratta di trasferirvi d’ufficio, nell’ambito di ciascuna provincia, dunque senza alcun mutamento di residenza, un congruo numero di impiegati pubblici dagli uffici in cui oggi sono male o per nulla utilizzati, affidando agli ispettori più esperti e qualificati il compito di introdurre questo nuovo personale alle funzioni che esso potrà svolgere in affiancamento a loro e, dopo qualche mese di addestramento, anche in loro sostituzione. In modo analogo, anche se qui formazione e addestramento richiederanno qualche risorsa in più, si può operare per rafforzare i servizi di ispezione anti-infortunistica delle ASL.
Per favorire l’operazione, può essere utile istituire un premio una tantum riservato ai trasferiti, attingendo agli oltre tre miliardi stanziati per il rinnovo dei contratti collettivi degli statali (purché questo non significhi reintrodurre il principio della "volontarietà" del trasferimento, che significherebbe ancora una volta l’insabbiamento sine die dell’operazione). Sarebbe un primo modo concreto di attuare quel nesso tra recupero di efficienza e premio retributivo, che il memorandum governo-sindacati del 18 gennaio scorso prevede, ma che corre un elevatissimo rischio di rimanere sulla carta, dato che l’accordo raggiunto prima di Pasqua concede subito gli aumenti e rimanda nel tempo le riforme.
Con o senza premio una tantum, dalla rapidità con cui questa operazione verrà concordata e attuata da sindacati e governo – assai più che dalla rapidità con cui verrà emanata l’ennesima legge sulla materia – si vedrà se e quanto la lotta contro gli infortuni sul lavoro costituisca davvero, per i primi e per il secondo, una priorità assoluta.

(1) Su Repubblica del 15 aprile 2007.

10 maggio 1944 - 1 maggio 2008




Dichiarazione riguardante gli scopi e gli obbiettivi dell’Organizzazione internazionale del Lavoro


La Conferenza generale dell’Organizzazione internazionale del Lavoro, riunita a Filadelphia nella sua ventiseiesima sessione, adotta, in data di oggi 10 maggio 1944, la presente Dichiarazione sugli scopi e sugli obbiettivi dell’Organizzazione internazionale del Lavoro e sui principi che devono ispirare l’azione degli Stati che ne fanno parte.

I.

La Conferenza riafferma i principi fondamentali sui quali l’Organizzazione è basata, e cioè che :
a) il lavoro non è una merce ;



1 MAGGIO 2008...IL LAVORO E' UNA MERCE ALTAMENTE DEPERIBILE

2008-05-01 13:22
Inail: da inizio anno 301 morti sul lavoro

ROMA - Da inizio anno sono 301 le persone che hanno perso la vita per infortuni sul lavoro. Emerge dagli ultimi dati gestionali, aggiornati a ieri, dell'Inail. In tutto gli infortuni sono stati oltre 270 mila. Nel solo mese di aprile le morti bianche sono state 69 su un totale di 57.222 infortuni. I dati sono stati diffusi dall'Inail in occasione della cerimonia per il Primo Maggio che si è svolta nel piazzale di fronte alla sede dell'Istituto a Roma, dove il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha anche inaugurato un monumento in memoria delle vittime sul lavoro. Nei primi tre mesi dell'anno le morti sul lavoro sono state 83 nel Nord-ovest; 70 nel Nord-est; 64 nel Centro del Paese e 84 nel Mezzogiorno. Dal 1 gennaio 2008 al 29 aprile, nei diversi settori di attività economica, 21 persone hanno perso la vita nell'agricoltura su un totale di 15.786 infortuni. nell'industria le morti bianche sono state 164 di cui 62 nel settore delle costruzioni su un totale di 115.830 infortuni (di cui 34.206 nelle costruzioni). Nel settore dei servizi, sempre nei primi quattro mesi dell'anno, gli incidenti mortali sono stati 116 su 138.475 infortuni. Nel solo mese di aprile gli infortuni sono stati 57.222 con 69 lavoratori che hanno perso la vita. ci sono stati 3.202 infortuni nell'agricoltura, con 2 persone che hanno perso la vita. Le morti bianche sono state 37 nell'Industria su 25.717 infortuni e tra questi sono 15 i lavoratori che hanno perso la vita nel settore della costruzioni su un totale di 7.252 infortuni. Trenta lavoratori hanno perso la vita nel settore dei servizi.

tratto da ansa.it